Regia di Giorgio Diritti vedi scheda film
La mia conoscenza di Marzabotto e dello schifo causato dalle SS in ritirata nel 44/45 era scolastica, fredda, aneddotica, dopo questo film nomi come Sant'Anna di Stazzema, Reder, Vinca e molti altri sono diventati reali, dolorosi, angoscianti. Per questo L'uomo che verrà per me è stato importante e necessario, una pellicola dura e dolente che vive sulla potenza emotiva del dramma narrato. A prescindere dalla notevole ricostruzione storica, la follia umana che qui traspare lascia senza parole, Diritti amplifica tutto questo con la carta vincente e collaudata dal cambio repentino di tensione, dopo 1h e 10m di preparazione, 'martella' con trenta minuti di puro delirio di malvagità umana. Non mancano i luoghi comuni, come alcuni personaggi prevedibili (l'infiltrato fascista e il mercante da subito fanno una brutta impressione), ma per il resto il film è da vedere. Da molti affiancato alla Notte di San Lorenzo dei Taviani, per quello che mi ricordo, l'opera del regista bolognese è più lineare e meno lirica rispetto a quella dei fratelli toscani, rivelando di conseguenza una diversa percezione nel messaggio d'autore proprio per la differenza di stile. Per questo l'impressione può essere quella di avere sotto gli occhi un lavoro meno originale ma che tuttavia con coraggio affronta una storia nota, partendo dal micro (i contadini nella loro quotidianità molto Albero degli Zoccoli), arrivando al macro (le dinamiche abbozzate della guerra partigiana, le rappresaglie dei nazifascisti). Si sapeva, ma resistere a certe scene è veramente difficile. Ottimi gli attori.
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