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L'uomo che verrà

Regia di Giorgio Diritti vedi scheda film

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La recensione su L'uomo che verrà

di FilmTv Rivista
8 stelle

Anni fa monsignor Luciano Gherardi regalò a Giorgio Diritti il suo libro Le querce di Monte Sole, dicendogli che avrebbe dovuto farne un film. Prendendo spunto da testimonianze scritte e orali, il regista ha costruito una storia di finzione dove, privilegiando il punto di vista di Martina, muta e di 8 anni, racconta per nove mesi la vita di una famiglia della zona di Monte Sole, dall’annuncio della gravidanza della madre Lena all’eccidio di Marzabotto che, tra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944 portò alla morte 216 bambini sotto i 12 anni e 554 adulti in larga parte donne e anziani. Il progetto ha decantato a lungo e la maturazione dell’opera seconda di Diritti è evidente nel rigore delle riprese. Lo stile quasi documentario di Il vento fa il suo giro fa largo a una scabra ma impeccabile ricostruzione d’ambiente, confermando l’amore del regista per l’aderenza antropologica ai riti delle piccole comunità, raccontati con un taglio che richiama Olmi senza mancare, come già il film precedente, di ritrarre la durezza di chi ha fatto un’esistenza aspra e antica. Il senso del tempo eterno dei contadini, dai cicli immutabili (cui vuole fuggire la sola giovane Beniamina), si scontra con quello dirompente dei nazisti, educati al mito della guerra lampo e alla fondazione di un nuovo impero. Al di là del soddisfare bisogni primari come la fame, non c’è contatto possibile tra i due. Dice il padre: «Quello che fanno i tedeschi non è di questo mondo, va contro tutto quello che sappiamo e che ci hanno insegnato». A loro volta gli occupanti considerano gli occupati come qualcosa di altro, di inferiore, tanto che Don Dossetti definì l’eccidio di Marzabotto un «delitto castale». Diritti, oltre che documentarista, è stato responsabile del casting per Fellini e Avati e qui trova non professionisti dal volto «antico come alberi» e impone il dialetto bolognese dell’epoca (il film è distribuito con sottotitoli) per restituire la verità di un tempo e di una gente ormai scomparsi. Si conferma un autore vero - una rarità nel nostro cinema odierno - e “scopre” un grande Claudio Casadio, per la prima volta sul grande schermo dopo anni di teatro.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 3 del 2010

Autore: Andrea Fornasiero

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