Regia di Giorgio Diritti vedi scheda film
La strage di Marzabotto potrebbe essere presa come simbolo dei crimini più atroci commessi da un esercito nei confronti di una popolazione civile: questo avvenne in Emilia tra il 29 settembre ed il 5 ottobre 1944 e a morire sotto la furia tedesca furono centinaia (700 secondo alcune fonti e molte di più secondo altre) di persone inermi, in gran parte donne e bambini.
Per una tragedia di tale portata non era facile scegliere il tono giusto per poterla filmare, senza cadere nelle trappole della retorica. Giorgio Diritti, al suo secondo film - dopo l'interessante e quasi invisibile ai più 'Il vento fa il suo giro' - coglie il segno girando con uno stile favolistico quasi dimesso, trasfigurando tutta la vicenda attraverso gli occhi di una bambina di 9 anni che ha smesso di parlare dopo la morte del fratello. Inoltre, quando inizia lo sterminio, l'autore preferisce, per una sorta di pudore e di rispetto per le vittime, optare per il campo lungo o il fuori campo.
Un altro elemento di grande interesse è l'uso del dialetto parlato nella campagna bolognese all'epoca degli avvenimenti: questa è una curiosità anche a livello mio personale, poiché molti termini sono simili a quelli parlati nella zona dove io vivo, nonostante ci dividano alcune centinaia di chilometri.
Buone le prove di Maya Sansa e Alba Rohrwacher.
Voto: 8.
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