Regia di Giorgio Diritti vedi scheda film
Per maneggiare un calderone ribollente occorrono determinazione e tempismo. Giorgio Diritti, invece, temporeggia e imbastisce, fa i convenevoli del caso e cerca alternative, sguardi inediti e strategie: poi, si ostina a scodellare una zuppa ormai rappresa quando tutti i commensali hanno già perso l’appetito. Non mostrare quando è proprio giunta l'ora e reiterare l'orrore quando siamo fuori tempo massimo, è una scelta stilistica o una stonatura imperdonabile? Per Fassbinder, «la paura mangia l’anima», e così i (pochi) difetti dell’esordio (oleografia e didascalicismo) si radicalizzano. L’emozione (terrifica) è legata indissolubilmente ai fatti storici, ma il film non aggiunge e non smuove nulla e l'opera "italiana che poteva fare la differenza" diventa il quadro buono da appendere in salotto. Scongiurata, quindi stucchevole e inopportuna, la “soluzione” del mutismo.
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