Regia di Michael Mann vedi scheda film
Se ci si approccia a questa pellicola con le aspettative di un thriller canonico, se ne rimarrà forse delusi. Non ha la suspence, non ha i tempi, non ha crudezza di un thriller. E' invece un grande incubo, una allucinazione che scorre tutta nello sguardo del suo protagonista, un William Petersen intenso e implosivo, un buono fragile come il cristallo e trasparente come l'ebano. Come ogni allucinazione, a prevalere sono dunque le atmosfere, il senso di ovattamento rotto da una colonna sonora importante, una storia in cui non mancano i buchi, gli sbalzi e gli scossoni, perché non c'è linearità nelle contorsioni di una mente debole e ferita. Solo se si ha la pazienza di rompere la parete dello schermo, o del video e immedesimarci nel ruolo del detective si può apprezzare a pieno il film che, appunto, non è che la frantumazione delle nostre cristallizzazioni psicologiche e di identità. Ma è questo uno sforzo che non si può pretendere da parte di tutti gli spettatori e non c'è nessun giudizio di qualità in tutto questo, perché è legittimo voler godersi un bel poliziesco trascinati solo dal ritmo degli accadimenti e non essendo noi stessi accadimento che si fa ritmo. Detto ciò spiccano scene di indubbio impatto, su tutte la mansueta violenza di un cuore assassino che ci ammalia nel suo domato pulsare.
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