Regia di Michael Mann vedi scheda film
"Tu lo sai perché mi hai catturato? Perché siamo della stessa razza, io e te!"
Manhunter costituisce la prima apparizione cinematografica della celebre figura del criminologo cannibale (caratteristica qui andata persa) Hannibal Lecter, poi magnificamente ripresa da Anthony Hopkins nel più notato Il silenzio degli innocenti e nei film ad esso collegati.
Will Graham, agente ritiratosi nella pace familiare dopo aver catturato Hannibal Lecktor (storpiatura voluta dal regista), decide di superare del tutto i traumi fisici e psichici collegati a quell'operazione e torna all'attività per arrivare a "Dente di fata", killer che uccide intere famiglie ad ogni luna piena. Graham si affida alle sue grandi capacità di introspezione e all'aiuto/ostacolo fornito da Lecktor durante un colloquio in carcere...
Manhunter gode di una fotografia eccelsa di Dante Spinotti, della mano sicura di Michael Mann, di interpreti discreti nonostante Petersen non brilli più di tanto e il pur bravo Brian Cox non arrivi ai sublimi livelli del Lecter hopkinsiano, di scene capaci di valere da sole l'intero film (su tutte quella del corpo in fiamme sulla sedia con le rotelle). Ma Manhunter si rivela troppo discontinuo nella sua alternanza di momenti memorabili ed altri che, al contrario, sembrano puri riempitivi, nel suo troppo lieve abbozzo di psicologia dei personaggi, nella sua suspense palpabile solo a tratti. I conflitti interiori di Graham e di Dente di fata e la linearità dell'indagine alla fine vengono solo toccati dal film senza un deciso approfondimento, mentre Mann si diletta con la sua grande abilità con la macchina da presa, insistendo fin troppo con le sequenze al rallentatore.
In sostanza, Manhunter è un bel film, di ottima fattura, ma gridare al capolavoro mi pare eccessivo.
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