Regia di Woody Allen vedi scheda film
Isaac Davis (Allen) scrive per la televisione, vorrebbe firmare un romanzo ma per il momento è soltanto il personaggio dell'autobiografia rancorosa della sua ex-moglie (Streep), che lo ha lasciato per un'altra mettendone alla berlina i disastri coniugali. Lui ha 42 anni, un figlio piccolo che vede di tanto in tanto e la sua ragazza (Hemingway) è una minorenne che va ancora a scuola. Decide di rompere con lei quando conosce Mary (Keaton), intellettuale sciroccata che è l'amante di Yale (Murphy), il suo migliore amico. Quando questi ultimi due si lasciano, Isaac e Mary si mettono insieme, salvo nuova separazione finché i giochi non ricominciano daccapo.
La Rapsodia in blu di Gershwin, il jazz, le stilettate al vetriolo contro gli intellettuali, l'omaggio neppure troppo velato a Bergman ma soprattutto il tributo, sentitissimo, alla città di New York fanno di Manhattan uno dei film più autobiografici del regista americano. "Uno spleen metropolitano passato alla scuola di Flaubert", come ha scritto Tullio Kezich, serotino ma al tempo stesso inzeppato di battute e stilisticamente perfetto anche grazie allo splendido bianco e nero di Gordon Willis. Eppure il film scritto da Allen con Marshall Brickman, pur essendo passato alla storia del cinema come una pietra miliare del regista ebreo-newyorchese, non ebbe neppure una candidatura agli Oscar.
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