Regia di Woody Allen vedi scheda film
Amarognola commedia in bianco e nero uscita negli USA nel 1979 e riproposta, dopo accurato restauro, dalla Cineteca di Bologna l'11 maggio 2017.
“New York era la sua città e lo sarebbe sempre stata”
Era stato difficile per Ike (Woody Allen) iniziare il suo primo libro, quello che - dovendo venderlo - avrebbe dovuto incontrare i gusti del lettore medio americano, restio ad accettare un ritratto troppo realistico e inquietante di Manhattan, delle sue contraddizioni, delle sue brutture.
Era arrivato infine – con semplicità – l'incipit giusto: la confessione dell’amore che lo legava da sempre alla grande metropoli e subito - con un magico scatto, insieme alla bellissima musica di George Gershwin - la visione della città nel buio della notte punteggiata da mille luci: sono i fari delle auto; è la vita dietro i cristalli specchianti dei grattacieli; sono i fuochi d’artificio sullo sfondo ad accompagnare la musica più bella del mondo nel più bel luogo del mondo.
Nella magia delle atmosfere musicali gershwiniane, siedono a un tavolo e conversano Ike (Woody Allen) e la sua giovanissima compagna Tracy (Mariel Hemingway); l’amico di lui da sempre, Yale (Michael Murphy) con la moglie Emily (Anne Byrne Hoffman).
Così iniziano i 96 minuti di Manhattan, film mitico, in cui due amici analizzano se stessi e le loro contraddizioni parlando d’altro e cercando, fuori dal mondo ebraico di appartenenza, “i motivi per i quali vale la pena di vivere”, quando, dopo esperienze devastanti, vorrebbero riprendere in mano il proprio destino, allontanando da sé le ombre che hanno impedito la felicità: da una madre sionista castrante, a due fallimenti matrimoniali per Ike (padre di un figlio innocente che sta soffrendo senza colpa), alla ricerca di un amore diverso per Yale, che sta per rompere il legame con Emily, rifiutandole il figlio che vorrebbe.
Eppure, Tracy, lungi dal mascherare l’amore per Ike con astruse sottigliezze culturali e psicanalitiche, gli confessa con soave candore che, nonostante la differenza d’età, prova grande attrazione per lui, perché lo ama, si diverte con lui (anche sessualmente) e insieme a lui vorrebbe costruire il proprio futuro d’amore.
Occorre, dunque, rendere chiara la reale natura di chi nasconde i veri intenti del proprio comportamento, quello di Ike, come quello di Yale, e anche quello della bella e snob Mary (Diane Keaton) giunta a Manhattan da Philadelphia, lontana dal marito Jeremiah (Wallace Shawn) da cui è separata, e nasconde l’antico amore per lui, utilizzando fumosi discorsi per accreditarsi una presunta e superiore diversità morale e culturale, che attrae in modo diverso Ike e Yale, pur non riuscendo a provocare la crisi dell’antica loro amicizia.
Imparare ad accettare e ad accettarsi nella diversità delle culture e del modo di vivere era stata anche la profonda esigenza di Jill (Meryl Streep), la seconda moglie di Ike, che rivendicando la propria sessualità irregolare, difende il diritto di scrivere liberamente la storia fallimentare del loro matrimonio, nonostante le proteste di lui…
Iconicamente evocando la Manhattan di dieci anni prima, Allen, ripropone i temi della Rapsodia in Blues (che ben sottolineano i momenti dell’esile trama del film, come Someone To Watch Over Me, Embraceable You…) e ricorda il mitico crogiolo di studi e di speranze che avevano alimentato il decennio precedente: “il vecchio Groucho Marx, Joe di Maggio, il secondo movimento della sinfonia Juppiter, Louis Armstrong… il suo Potato blues, naturalmente i film svedesi…nonché L’educazione sentimentale di Flaubert, Marlon Brando e Frank Sinatra…”
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