Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Storia romanzata di Michael Peterson, detto Bronson (proprio come Charles), eroe della strada fanatico del pugilato (quello all’antica possibilmente, senza i guantoni) e carcerato più celebre d’Inghilterra. Trentaquattro anni in gabbia senza avere mai ucciso nessuno. Imprigionato per piccoli reati, ha sempre rilanciato picchiando i secondini, incendiando le celle, prendendo ostaggi, tentando evasioni, fino a sommare condanne come neppure un terrorista. Un semplice biopic, nelle mani del danese Nicolas Winding Refn (classe 1970, un talento cinematografico strepitoso), diventa una riflessione geniale sui meccanismi del marketing, con Bronson che brechtianamente, da un palcoscenico, interpella il pubblico come un imbonitore e “si vende”. Mercifica il personaggio nella sua eccentricità come fosse il miglior prodotto della società dello spettacolo. Un marchio (il nickname hollywoodiano), le sue prestazioni (Bronson seduce, picchia, dipinge; è il mascalzone che vorresti essere ma anche l’uomo nero dal quale scappare), fino all’offerta commerciale concreta (Peterson, dalla sua cella, ha realmente venduto le proprie opere in tutto il mondo). Una rappresentazione cinematografica che non lascia scampo, violenta e solenne. Chi scambia questo e gli altri titoli di Refn (dal capolavoro Valhalla Rising all’ultimo Drive) per esercizi di stile o film di solo genere, non ha davvero capito niente.
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