Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Non fosse stato per il successo di Drive, non avrei mai visto questo Bronson, film d'esordio di Nicolas Winding Refn che racconta, in una maniera tutta sua, la vicenda del più noto detenuto d'Inghilterra, uno che - al momento in cui il film è stato girato - era già stato nelle patrie galere per più di 34 anni, 30 dei quali in isolamento. Accanimento del sistema giudiziario contro Michael Peterson (Hardy), alias Charles Bronson (sì, proprio così, volutamente come l'interprete de Il giustiziere della notte)? Nient'affatto. Peterson/Bronson rappresenta la quintessenza del criminale folle, di un'insaziabile violenza belluina, disposto a misurarsi continuamente e indifferentemente a corpo e mani nude contro stuoli di secondini o contro cani da combattimento. Mai domo, a dispetto delle terapie neurolettiche che avrebbero stremato anche un cavallo, per lui ogni occasione era ed è buona per riprendere a comportarsi come una bestia. Un personaggio che non suscita dunque alcuna simpatia, messo al centro di un film straniato, grottesco, in cui la violenza diventa pura forma estetica, con un uso irridente della musica (inascoltabili le parti elettroniche), provocatorio e fine a sé stesso, come nella scena in cui un detenuto defeca sulla propria mano e con il risultato ci si pittura la faccia. Colpi bassi non solo allo stomaco dei secondini, ma anche a quello degli spettatori, che chissà come potranno entusiasmarsi per un film che vuole essere puro esercizio di stile e che è solamente estetizzante.
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