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Cosa voglio di più

Regia di Silvio Soldini vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Cosa voglio di più

di cantautoredelnulla
10 stelle

La protagonista si chiama Anna, il titolo del film è "Cosa voglio di più", l'omaggio a Battisti-Mogol è chiaro, ma la loro canzone non è presente nella colonna sonora - intelligentemente, aggiungo io. Silvio Soldini firma quello che secondo me è uno dei suoi film più belli, mostrando una storia quotidiana assolutamente contemporanea con un'abilità incredibile.
Fin dall'inizio si assiste a un incipit che introduce tutti gli elementi principali della storia. Sui titoli di testa il film dice già tutto e tutto tornerà nel dipanarsi della matassa dando peso a ogni singolo elemento. Un inizio coinvolgente, ma soprattutto organizzato molto bene, che dà prova del grande talento di Soldini.
La prima scena del film è uno schermo nero. Questo elemento narrativo tornerà più volte nel corso del film, quasi a definire dei singoli capitoli, degli episodi che ci dicono ogni volta qualcosa di più.
Il trillo di un cellulare interrompe il silenzio. Questo strumento sarà protagonista nella storia, i due amanti troveranno in esso il loro primo punto di contatto, lo cercheranno quasi con ossessione per stemperare l'attesa di una parola, di un invito a un nuovo incontro, ma sarà anche lo strumento della dissimulazione e del silenzio.
Si accende la luce. Anna risponde e con Alessio, suo marito, devono correre e accompagnare all'ospedale la sorella di Anna che deve partorire. Il film inizia così, nel caos della tempestività di un parto. La camera a mano, che tornerà nei momenti più agitati della storia tra i due amanti (riprese fatte in esterni che ricordano l'uso che ne fece Allen in Mariti e mogli), esprime tutta la frenesia del momento. Si deve correre, trovare il mezzo giusto per raggiungere l'ospedale, contare le contrazioni, sentire le urla della puerpera. Sovraimpressi a tutto questo, i titoli introducono la pellicola e anch'essi, in armonia con il movimento della camera, si muovono.
E finalmente nasce un bimbo. Al suo vagito appare il titolo del film: cosa voglio di più. Ho pensato, lì per lì: emblematico. Non sapendo che lo era davvero. Il titolo scompare cancellato da una casa che sferza veloce in primo piano, inquadrata attraverso il finestrino del treno.
I figli saranno l'introduzione della storia e la ragione, o la "scusa", che determineranno il finale. Il treno, invece, accompagnerà la storia e soprattutto l'animo irrequieto di Anna, al ritorno dal lavoro oppure al mattino quando si lascia andare e racconta cosa le è successo alla collega.
La regia e la sceneggiatura si compensano benissimo. Come ai tempi di Brucio nel vento, l'immagine racconta la fisicità dell'amore. Mi tornano in mente le mani intrecciate durante una passeggiata, gli abbracci, la mano di Anna che accarezza il volto di Domenico, gli sguardi del primo incontro, tutto teso all'attrazione sessuale e all'istintivo richiamo che lega i due protagonisti. E poi c'è il suono, o meglio il silenzio della stanza di un motel, riempita solo degli ansimi dei due innamorati, che respirano affannati, schiacciati dalla passione; ansimi che si contrappongono alla scena in cui Domenico fa l'amore con la moglie e viene mostrata la mortificazione della vita sessuale di una coppia che si è svuotata di ogni istintività e che vive il proprio legame come una volontà quasi consumata e dettata dalla ragione, da mantenere viva, ma spenta e uccisa dalla quotidianità. Così come tutto questo è mostrato nella scena in cui Anna si ritrova con Alessio a guardare in televisione la vita di Fausto Coppi. Alessio ha il braccio dietro di lei, appoggiato sullo schienale del divano e non sulle sue spalle, quasi un segno di quel distacco che la loro vita quotidiana ha scavato tra loro. E Anna che esce sul balcone ad accendersi una sigaretta e a pensare, si intuisce, al senso che dà lei all'amore.
Ho provato a paragonare questo film con altri titoli sullo stesso tema: Scene da un matrimonio di Bergman e I ponti di Madison County di Eastwood. Prima di tutto lo stile di Soldini è decisamente italiano, rispetto a Eastwood per esempio rinuncia a qualsiasi forma di lirismo agrodolce, non cerca di condurre o emozionare lo spettatore, ma si limita a raccontare in maniera distaccata e asettica la storia di due persone che, non sanno neanche loro bene come, si sono scoperti innamorati e attratti l'uno all'altro. Soldini racconta quello che i genitori non ci raccontano (il suocero che dice a Domenico: ci siamo passati tutti, il tempo sistema ogni cosa), ci mostra i due punti di vista di due personalità diverse (Domenico che dice: non possiamo vivere questo momento senza farci altre domande?, e Anna che si chiede: ma cosa succederà quando torneremo?) che sono legate da un'attrazione fisica irrazionale e incontrollabile; e ci mostra, infine, una scelta che è un possibile finale, ma non è spacciata per la scelta migliore, la più sofferta o la più nobile. E' una scelta che ha lo stesso valore di un'altra, è un finale legato al carattere e alla visione di Anna, ma non è una scelta giudicata, che cerca un'opinione o una presa di posizione da parte dello spettatore. E  forse questo è il pregio più grande che trovo in questo film.
Per quanto riguarda il confronto con Bergman, i due film sono molto diversi, ma complementari. Infatti se le Scene da un matrimonio ci mostrano la crisi della coppia e si disinteressano dell'amore e della passione tra il protagonista e l'amante, in questo caso Soldini opera esattamente la scelta opposta, cioè si disinteressa della crisi del rapporto di coppia (se non mostrandola nella sua quotidianità) per concentrarsi invece su quello che due persone istintivamente attratte si dicono e fanno: non mi era mai successa una cosa del genere, perché ci siamo incontrati solo adesso? E la domanda a cui ognuno può dare solo la propria personale risposta: perchè, adesso è tardi?

Su Pierfrancesco Favino

Si conferma anche in questo film uno degli attori italiani più bravi. Il personaggio a cui ha dato vita è assolutamente realistico, i suoi dubbi, le sue perplessità, il suo legame coi figli e il conflittuale rapporto con la moglie sono rappresentati al meglio attraverso i suoi sguardi più che eloquenti, ma anche una gestualità curata nei particolari.

Su Alba Rohrwacher

Dimostra di essere un'attrice di grande livello. La frenesia con cui usa il cellulare, cercando le parole di Domenico, il carattere che dona al suo personaggio, le espressioni del viso, il modo convincente con cui Anna non si arrende e cerca di conquistare l'uomo che sente di amare più di ogni altro, fanno quasi pensare che non abbia recitato. Ben rappresentata anche la reazione che ha sul treno, quando confessa tutto alla collega e il suo corpo trema e sfoga il tormento che ha nascosto fino a quel momento. Grande abilità nel dar vita a un grande personaggio.

Su Giuseppe Battiston

Il suo personaggio è importante, asseconda la rappresentazione della vita quotidiana di Anna. Un ruolo ben interpretato, anche se in secondo piano.

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