Regia di Vittorio Moroni vedi scheda film
Una signora milanese di più di 70 anni coniugata con un senegalese di 35; una giovane spogliarellista dei programmi notturni per la hot line telefonica dell’899; una coppia conosciutasi a Lourdes (lui disabile per sclerosi multipla, lei infermiera). Sarebbe facile farne un resoconto archiviandolo come un reportage sociologico. Ci sono coppie di ogni genere e l’amore ha il diritto di crescere e germogliare dove vuole: non è questa la sua forza? Solo che dietro questa premessa rassicurante lo sguardo apparentemente sereno di tutto il film dissemina con abile noncuranza, come se l’occhio della macchina li registrasse per caso, indizi di una lettura diversa e meno conciliante. La signora milanese fa uscite di un razzismo così disarmante da far tenerezza, il compagno della spogliarellista simula la gelosia dietro la vaghezza di una rimozione sin troppo plateale e dietro l’infermiera, commovente, c’è un’idea d’amore che è cura integrale, e totalizzante, dell’Altro. Fassbinder se la riderebbe. Era la sua ossessione: amore significa sempre anche potere, controllo, soggezione. Autore appartato ma coriaceo, Moroni filma un documentario ma si ritrova tra le mani personaggi da romanzo. La dedizione sfuma nell’egoismo, la tenerezza nella solitudine e la convivenza nasconde sempre negoziazioni meno cristalline di quello che appaiono: più che un film, un bisturi minuto, veloce e affilato, dolce e insanguinato, che incide “ti amo” tra riflessi di luce e gocce vermiglie.
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