Regia di Ernst Lubitsch vedi scheda film
Ernst Lubitsch negli anni '30 del secolo scorso è stato probabilmente il più importante regista di commedie in attività, un maestro che avrà pochi discendenti dichiarati fra cui Billy Wilder, un regista europeo che trovò in America la sua patria di elezione, dove ha realizzato capolavori assoluti del genere come "To be or not to be" e "The shop around the corner". Se questi due titoli sono commedie in qualche modo mischiate con elementi più seri o drammatici, una commedia purissima è invece "Trouble in paradise" che da noi è stata tradotta, chissà perché, come "Mancia competente".
Ricordo che anni fa veniva spesso passato sulla Rai, mentre non saprei se lo è ancora adesso: il film racconta la storia di Gaston e Lily, due bravissimi "con artist" che si muovono fra Venezia e Parigi, formano una coppia dedita a truffe, ma quando lui incontra la ricca madame Colet, il rischio che Gaston possa preferire lei a Lily si fa molto concreto.
È una raffinatissima commedia sofisticata, a mio parere non assimilabile alla screwball, con una sceneggiatura di Samson Raphaelson, Grover Jones e lo stesso Lubitsch, seppur non accreditato, che fa faville nello scambio arguto di battute, nel ritmo veloce con cui la vicenda si sviluppa, in dialoghi spesso sottilmente allusivi che restano fra i più deliziosi del genere, tanto che lo stesso Lubitsch considerava il film il migliore che avesse mai realizzato nella sua componente stilistica, che verrà consacrata agli annali come il "Lubitsch touch". La commedia mostra il mondo dorato dell'aristocrazia, i privilegi dei ricchi e la brama di denaro della coppia di lestofanti, in una chiave ovviamente brillante e leggera che non manca però, in alcuni momenti, anche di un retrogusto più amaro, legato alla sensazione di artificio e di menzogna prevalente nei rapporti sociali di questi ricchi. Un elogio spetta al bravo Herbert Marshall, qui affascinante ladro che rischia di cadere nelle trappole dell'amore, insieme alle altrettanto spigliate e sexy Miriam Hopkins e Kay Francis, a comporre un terzetto di protagonisti diretto con grande attenzione ai tempi della commedia e all'espressività di una recitazione di suprema spontaneità e naturalezza. Per quanto forse meno inventivo nella componente visiva di un Wilder, Lubitsch realizza qui uno dei suoi classici che andrebbe scoperto da nuove generazioni di spettatori, "un capolavoro della frivolezza" secondo il Morandini.
voto 9/10
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