Regia di Frederick Wiseman vedi scheda film
Solo un velo di timidezza separa questo documentario dal capolavoro. Lo sguardo dell'autore, più che indagatore, è partecipe, ed annebbiato dalla commozione per la fragilità delle giovani reclute ritratte: individui acerbi, costretti a diventare uomini in fretta e ad ogni costo, in nome di un concetto retorico di patria, ed al servizio di una guerra di cui non possono afferrare il senso. Il lato scopertamente umano dei loro superiori è l'imbarazzo per il proprio ruolo di capi autoritari e severi addestratori: un imbarazzo che trova sfogo in un paternalismo dai toni morbidi, ma inutilmente rassicuranti. La vita, per i soldati di Fort Knox, è fatta di obbedienza a passo di marcia, di una serialità rituale in cui l'individuo si confonde nella massa, di efficienza e perfezione fino al midollo, dalle norme igieniche per la pulizia del denti al modo ottimale di allacciarsi gli scarponi. Wiseman riesce a cogliere i momenti in cui l'automatismo della macchina-esercito diventa surreale, e fa scattare l'ironia: il militarismo si fa caricatura anche grazie al montaggio mozzafiato - che, a tratti, accelera innaturalmente il ritmo - e all'effetto deformante di certi primi piani. Tuttavia, nelle pause del racconto, laddove il dialogo prende il sopravvento sui proclami bellicisti, emerge, con cruda amarezza, la sostanza irrimediabilmente cinica della situazione: una triste anticamera del Vietnam in cui gli unici metri di giudizio sono la disponibilità a morire e l'adeguatezza a uccidere.
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