Regia di Ruben Fleischer vedi scheda film
Fleischer, al contrario di Wright e del suo "Shaun of the Dead" del 2005 che caricava, nella prima parte, la sua gagliarda dose di dissacrante umorismo inglese per poi lasciarla maturare ed esplodere nella seconda parte della pellicola, parte subito molto forte: l'incipit, infatti, con la voce del protagonista che riassume la situazione dell'America dopo la trasformazione di (quasi) tutti i suoi abitanti in zombies famelici e la spiegazione delle sue "regole di sopravvivenza", è smaccatamente americano nella forma (l'uso delle scritte in sovraimpressione) e nella sostanza (già lanciato nel pieno della storia raccontata). Il prosieguo del film è parimenti scoppiettante e, al netto di situazione a volte abusate, ci regala dei momenti di commedia horror sublimi, soprattutto grazie al personaggio di Tallahassee (interpretato da uno sfrontato e scatenato Woody Harrelson), classica figura di americano medio grezzo e fracassone, innamorato di enormi fuoristrada, delle armi e del "Junk Food". La sceneggiatura scorre abbastanza lineare, sulla scorta di situazioni già scandagliate da altre pellicole sui morti viventi (la fuga "on the road" verso un agognato luogo privo di pericoli), ma si rivaluta grazie a dialoghi piacevoli e brillanti (e, a volte anche corrosivi: vgs. tutta la sequenza ambientata a Beverly Hills). L'unica pecca del film è rappresentata dalla solita morale a stelle e strisce osannante la famiglia ed il suo essere l'unico rifugio valido in tempi bui e violenti, semplificando al massimo la complessità dei rapporti umani, ma si sa, la maggiorparte delle produzioni americani ce l'ha nel sangue e non possono fare a meno di comminarcela in tutte le salse. Si tratta, comunque, di un peccato veniale all'interno di una commedia realmente divertente (anche se inferiore, secondo me, al già citato "Shaun of the Dead").
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