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Benvenuti a Zombieland

Regia di Ruben Fleischer vedi scheda film

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La recensione su Benvenuti a Zombieland

di mck
6 stelle

“Thank God For Rednecks!” (“Nut Up or Shut Up!”), or: “You Don't Know Willie Nelson?!?”

 

Il mio primo approccio col cinema di Ruben Fleischer è avvenuto tramite parte (perché non ho manco finito di vederlo) del trailer di “Gangster Squad”: il sunto, fermandosi a ‘sto punto, potrebbe apparentemente essere che della filmografia del regista mi annoino pure i fotogrammi estratti a caso (mi mancano “30 Minut or Less”, “Venom” e “Uncharted”), ma in realtà fanno eccezione i due ZombieLand e gli episodi che ha diretto di “SuperStore” – anche se così, su due piedi, spaparanzato sul sofà, non saprei (armato di nessuna voglia di farlo) identificarli, pur quasi certamente avendovi assistito: due clic su Wikipedia e IMDb parlano di pilot e di altre 6 puntate sparse nel corso degli anni – e di “Santa Clarita Diet”, vale a dire in questo caso certamente i primi due della prima annata (di una serie che, fra l’altro, cresce di stagione in stagione).

- You don't know who Willie Nelson is?
- No.
- Willie Nelson.
- Yeah, no, I don't.

 


La caratteristica principale di questo “ZombieLand” (l’esordio nel lungometraggio del regista scritto da Rhett Reese e Paul Wernick, il cui curriculum comprenderà poi “DeadPool”, “Life”, “6 Undeground” e “SpiderHead”, per dire, e prodotto da Gavin Polone) è ch’è facilissimo scriverne, perché non c’è proprio alcunché da dire: è carino (grazie al quartetto di protagonisti composto da Jesse Eisenberg, Woody Harrelson, Emma Stone e Abigail Breslin, più Bill Murray nella parte di “Bill Murray” e, in due camei, Amber Heard e Mike White), non si ride mai sguaiatamente (purtroppo), ma nemmeno - nell’ora e venti minuti di film effettivo - mai ci si annoia: è la sagra del già visto, ma fatta bene [la fotografia è di Michael Bonvillain (“CloverField”, “American Ultra”) e il montaggio di Alan Baumgarten (collaboratore oltre che di Ruben Fleitcher anche, un paio di volte ciascuno, di David O. Russell, Aaron Sorkin e Jay Roach, e poi “the CloverField Paradox”) e Peter Amundson e gli effetti speciali sono supervisionati da Paul Linden], con un paio di belle canzoni (le musiche originali sono di Dave Sardy, che compila anche la playlist di quelle preesistenti) messe sul piatto qua e là (dai Metallica ai Raconteurs, passando per Chuck Mangione, Band of Horses, Sea Wolf, Metric, Van Halen, Paul Anka, Velvet Underground, Doves, Blue Öyster Cult, Hank Williams, the Droge and Summers Blend, Black Keys, Crash Kings, Success, Marching Band… E ovviamente, beh, Willie Nelson! Più Ray Parker Jr. da “GhostBusters”), nei punti giusti: non sposta di una virgola il discorso sul sottogenere zombie movie, e men che meno sull’horror (declinato nelle sue varie forme contaminate) in generale, ma svolge il suo mestiere: intrattenere.

 

 

Thank God For Rednecks! (“Nut Up or Shut Up!”), or: “You Don't Know Willie Nelson?!?”                           

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