Regia di Jason Reitman vedi scheda film
Ryan Bingham (Clooney, il cui personaggio chissà perché porta lo stesso nome del rocker americano, quello di Boracho Station) sta per coronare il suo sogno: quello di raggiungere il milione di miglia ed entrare così nell'esclusivissimo club dei viaggiatori incalliti. A tanta forsennata dromomania lo induce il lavoro di licenziatore per conto terzi o, come si dice con efficacissima metafora, di tagliatore di teste. Ryan passa una quarantina di giorni all'anno in casa, percorre 350mila miglia ogni dodici mesi e non ha legami fissi. Ma le cose cominciano a cambiare quando due donne, una molto simile a lui e una che è il suo opposto, irrompono nella sua vita, facendo vacillare le sue certezze in materia di amore e professione.
Al suo terzo film, coprodotto dal padre Ivan e tratto da un romanzo di Walter Kirn, Jason Reitman miscela lo specialismo della chiacchiera di Thank you for smoking col cerchiobottismo esistenzialista di Juno. Ritmo e regia - visibilissima tanto nelle tecniche di ripresa quanto nell'originalità del montaggio - non mancano ma la professione del tagliatore di teste - un tema che, con Volevo solo dormirle addosso, Risorse umane, Il posto dell'anima, Cacciatore di teste e altri ancora, rispecchia con sempre maggiore insistenza la catastrofe sociale del licenziamento del primo decennio di millennio - è pretestuosa e serve solo a fare da sponda al tema della famiglia come spazio placentare nel quale rifugiarsi dai mali della società.
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