Regia di Jason Reitman vedi scheda film
Dentro lo zaino niente… Per essere liberi davvero bisogna sciogliere i vincoli che ci tengono legati a terra, impedendoci di spiccare il volo verso lidi dove contiamo solo noi, senza che qualcosa, o qualcuno impedisca la realizzazione dei nostri sogni?
Ryan (George Clooney) è l’uomo che nel film – diretto nel 2009 da J. Reitman – dà voce a chi aspira a vivere libero da ogni legame: per questo si è scelto un lavoro terribile, una sorta di scommessa con se stesso: annunciare, senza turbamenti, a sconosciuti e ignari lavoratori di aziende in crisi, il loro licenziamento.
In questo compito è diventato così abile che l’agenzia per la quale opera lo invia continuamente da una città all’altra degli Stati Uniti, presso le aziende che hanno bisogno di lui.
I suoi perpetui spostamenti gli impediscono una sistemazione stabile: la sua vita si svolge fra aeroporti e voli; il suo bagaglio – contenuto in un piccolo zaino –è quello strettamente necessario alle occorrenze quotidiane; gli alberghi sono i (non) luoghi del suo rapido e fugace soggiorno.
La sua vita, dunque, pare procedere secondo i suoi desideri: affermazione di sé, indipendenza dai bisogni, dominio delle emozioni, anestetizzazione degli affetti.
Il problema nasce quando Ryan, innamorandosi di Alex (Vera Farmiga), donna che sembra condividere la sua stessa visione del mondo, avrebbe scoperto che il rapporto con lei, di occasionali e troppo rapidi incontri, non è così soddisfacente; che gli piacerebbe dargli una continuità per renderlo più stabile.
Libertà e felicità non coincidono, perciò: la solitudine è il destino di chi non ha costruito legami affettuosi nella vita; il crudele lavoro, che un tempo sembrava adattarsi perfettamente al suo desiderio di affermazione, sarebbe diventato la sua condanna.
Il film segue le avventure di Ryan con ritmo veloce e incalzante, che rende il senso del suo velocissimo spostarsi senza avere il tempo per riflettere e “radicarsi”.
Le cose migliori del film sono tuttavia le scene in cui appare l’umanità umiliata e ferita di quegli uomini e di quelle donne licenziati dopo il lavoro di una vita, senza colpe e senza prospettive per il futuro.
Il regista si è avvalso, in questo caso, di lavoratori veri che hanno raccontato le loro vere storie di dolore e di impotenza.
Per loro, come tutti diranno alla fine del film, solo la condivisione del dolore disperato con chi aveva saputo affettuosamente confortarli e incoraggiarli aveva permesso di continuare a vivere e a sperare.
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