Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film
“Ma allora non volete capire! Voi avete delle gravi responsabilità nei confronti di vostro figlio. Dove le mettete queste vostre responsabilità?”
“Allora che cavolo devo fa', Padre?”
“È semplice: cominciare con umiltà da dove dovete cominciare, da zero. Mandarlo a scuola, insegnargli un mestiere, questo è quello che conta!”
“Mestiere? Eh già…“
Mamma Roma (Anna Magnani), matura prostituta di borgata, si libera dal vincolo che la teneva legata al suo pappone Carmine (Franco Citti), convolato a nozze; è l'occasione perfetta per rifarsi una vita, i cui punti cardine dovranno essere l'onesto lavoro di ambulante al mercato di Cecafumo e l'inserimento sociale coatto di Ettore (Ettore Garofolo), suo figlio adolescente, faticosamente tenuto sempre all'oscuro della professione precedente della madre.
Se per il raggiungimento del primo obiettivo l'energica Mamma Roma non incontra problemi, altrettanto non può dirsi del secondo: il legame con Ettore è anomalo, affettuoso a senso unico, funestato dall'incomprensione; il ragazzo è totalmente (e comprensibilmente) privo di autocoscienza e si aggrega subito ad un gruppetto di ragazzi di borgata, coi quali campa all'insegna dell'indolenza e dell'infatuazione per Bruna (Silvana Corsini), una “disponibile” ragazza-madre del quartiere.
Consapevole di non avere il figlio sulla giusta strada, Mamma Roma si batte con tutte le sue forze: cazziandolo, cercando l'aiuto del parroco, ricorrendo ad un sotterfugio per trovare un lavoro rispettabile anche ad Ettore. Ma non si cambia il proprio status così facilmente: lo dimostra Carmine tornando sui suoi passi per far battere Mamma Roma, lo dimostra Ettore mettendosi comunque nei guai…
“Che me frega a me de mi' madre?”
“Mamma Roma” è il secondo lungometraggio di Pier Paolo Pasolini, forse meno sorprendente e radicato ai suoi romanzi rispetto all'esordio di “Accattone”, ma senz'altro più articolato; con la sua opera seconda, pur restando aderente ed esternamente fedele ai drammi sociali degli ultimi, Pasolini inquadra abilmente un delicato rapporto fra madre e figlio diciassettenne. Mamma Roma ha battuto la strada per tutta la vita, ma la cieca bramosia di riscatto e di emancipazione è forte non tanto per sé quanto per Ettore, giacché nessuna madre perbene e “affermata” vorrebbe il figlio compagno o burino (laddove il termine romanesco designa lo zotico provinciale, inadatto a calarsi nel tessuto sociale cittadino). Già il trasferimento da Guidonia a Roma - per quanto nella periferia residenziale prevista dal piano INA-Casa - segna un forte desiderio di imborghesimento da parte di Mamma Roma, prostituta per necessità e madre conservatrice di vocazione.
“Vedrai chi te fa diventà tu' madre! Te fai invidià da tutti!”
Ma il ruolo di ragazzo di strada Ettore ce l'ha cucito addosso, tra furtarelli, compagnie evitabili e attitudini verso il prossimo (non ultimo lo sminuire l'affetto per la madre per mostrarsi cresciuto e indipendente con la seducente Bruna).
“Il tipo di persone che amo di gran lunga di più sono le persone che possibilmente non abbiano fatto neanche la quarta elementare. Cioè le persone assolutamente semplici […], ma non lo dico per retorica. Lo dico perché la cultura piccolo borghese, almeno nella mia nazione (ma forse anche in Francia e in Spagna), è qualcosa che porta sempre a delle corruzioni e delle impurezze. Mentre un analfabeta, uno che abbia fatto i primi anni delle elementari, ha sempre una certa grazia che poi va perduta attraverso la cultura. Poi si ritrova a un altissimo grado di cultura! Ma la cultura media è sempre corruttrice.” [Pier Paolo Pasolini]
Il confronto con “Accattone” è storicamente inevitabile, ma non del tutto necessario; rispetto alla seminale e precedente opera pasoliniana, in “Mamma Roma” si staglia una novità importante su tutte, a mio avviso: una tecnica cinematografica affinata, che si discosta dagli insistiti campi e controcampi per abbracciare un linguaggio più variegato, come testimoniano i piani sequenza in notturna a seguire la vita da marciapiede, popolata e quasi circense, di Mamma Roma. Pasolini accompagna l'acquisita destrezza con la macchina da presa ai suoi studi iconografici: pur avendo rigettato sdegnosamente l'ispirazione mantegnesca attribuitagli nel tragico e spasmodico finale, Pasolini ostenta l'influenza della produzione pittorica rinascimentale fin dall'incipit nuziale.
Frutto di una proseguita collaborazione con Sergio Citti e Tonino Delli Colli rispettivamente ai dialoghi e alla fotografia, “Mamma Roma” non sarebbe stato lo stesso film senza la straordinaria Anna Magnani, impetuosa e verace interprete dell'unico personaggio costruito in mezzo ad una banda di ragazzi di strada, scrittori (Paolo Volponi interpreta un prete), attrici ingessate (Silvana Corsini fa fatica, Luisa Loiano ancor di più). A dir poco indovinato, però, il giovane Ettore Garofolo, ragazzetto scovato da Pasolini mentre lavorava come cameriere; un borgataro purissimo, dall'aspetto non gradevole, che rivedremo quindici anni più tardi nel tremendo epilogo di “Un borghese piccolo piccolo” di Monicelli.
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