Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film
Un film il cui titolo, pur riferendosi, in realtà, al nome della protagonista, contiene la chiave di lettura dell'ambientazione cittadina: una capitale dal grande ventre materno che, a prima vista, sembra espandersi generosamente, con le sue periferie, per accogliere tutti i suoi figli nel suo immenso abbraccio. La sua lenta invasione delle campagne circostanti ha, però, un'altra faccia, sinistra e nascosta, quella di un mostro che protende i suoi insidiosi tentacoli verso il popolo degli emarginati, verso i più deboli, a cui sa offrire solo speranze ingannatrici. Il finto cupolone che la protagonista vede, in lontananza, dalla finestra della sua casa, è l'emblema di questa ambiguità. Un'ambiguità di cui lei stessa avverte la sottile minaccia quando, guardando il figlio muoversi, in tenuta da cameriere, tra i tavolini del locale in cui è stato assunto, emette un grido che dalla gioia precipita nella paura, nel senso della fragilità della felicità appena conquistata. Un film dai toni aggraziati e sfumati nella forma, eppure crudamente realistico nei contenuti. Il lungo piano sequenza della camminata notturna di Anna Magnani è la perfetta realizzazione di questa singolare sintesi: tale movimento, cadenzato e travolgente da togliere il fiato, sembra una danza che è anche una marcia trionfale, che unisce la grazia della femminilità e l'imponenza della maturità, ma fa da sfondo ad un racconto amaro di umiliazioni e rimpianti. Un capolavoro che fa vibrare l'anima. Un 'opera d'arte che, lungi dall'essere semplicemente un film di denuncia sociale, è il lucido e pessimistico risultato di una profonda analisi della natura dell'uomo e del destino che gli è riservato in mezzo ai suoi simili.
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