Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
Un uomo e una donna si trovano per caso seduti l’uno di fronte all’altra durante un viaggio in treno. Un ragazzo e una ragazza, dirimpettai, si corteggiano alla finestra. Il primo racconta del secondo, ossia della propria giovinezza, come caso esemplare dei pericoli dell’amore e degli affari. In un film che fa della frontalità e dell’oralità la propria cifra stilistica, il maestro Manoel de Oliveira (che dopo questo ha già girato un corto, altri tre lungometraggi e, a quasi 103 anni, gode di buona salute) mette a confronto le speranze con la realtà, adattando un racconto di formazione di José Maria Eça De Queirós. La messa in scena per quadri semplici, dalla fotografia povera e dalle interpretazioni prive di virtuosismo, arriva a un cinema essenziale che trova ragion d’essere in uno sguardo concentrato sull’apologo, secco nella durata di soli 64 minuti eppure magistralmente stratificato. Macário è perdutamente innamorato di Luisa, ma lo zio Francisco si oppone e così il giovane cerca fortuna a Capo Verde per poter sposare l’amata. Un certo conservatorismo patriarcale attraversa la vicenda (in fondo lo zio sembra aver avuto ragione), ma in realtà è proprio la rigida morale ottocentesca, con l’ingenua illusione che l’uomo possa conformarsi a modelli irreprensibili di onestà e amore, a franare e a portare all’infelicità. L’assoluto non è di questo mondo, meglio imparare ad accettarne le singolarità.
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