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Singolarità di una ragazza bionda

Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Singolarità di una ragazza bionda

di laulilla
8 stelle

Manoel de Oliveira, il grande regista portoghese aveva girato questo film nel 2009, quando aveva “solo” 101 anni. Si tratta di una breve pellicola di 64 minuti, ispirata da una piccola novella dello scrittore Eça de Queirós (1845-1900), composta nella seconda metà dell’800.

 

È la storia di un viaggio verso l’Algarve da Lisbona, raccontata dal protagonista Macàrio (Ricardo Trepa) a una sconosciuta incontrata casualmente sul treno.

Oliveira ne ha scritto la sceneggiatura, ammodernandone il contenuto e – forse per renderlo più credibile nel tempo del computer e di Internet – ha aggiornato gli abiti dei protagonisti e lo sfondo storico (che ha fatto arrivare ai tempi di Salazar).

Egli, inoltre, ha collocato il viaggio su un treno ad alta velocità, mantenendo, però, un’affascinante patina di antico, evidente nel leggero seppiato del colore, nella rappresentazione di una Lisbona immobile e sonnacchiosa, ma soprattutto nella descrizione di datati rapporti familiari: uno zio  ricco  che dà un lavoro a Macàrio, ma che gli impedisce di sposare la fanciulla che ama, ovvero la bella e misteriosa dirimpettaia, che si cela maliziosa dietro la fila doppia delle tende di seta e nasconde parzialmente il bellissimo volto con un ventaglio cinese di raffinata fattura…

 

Ne è emerso un bel lavoro dal carattere malinconicamente crepuscolare, anche un po’ nostalgico, in cui il giovane protagonista, raccontando alla compagna di viaggio la propria infelice storia d’amore, rievoca con parole semplici e dimesse la propria condizione di povero, costretto dall’indigenza a procrastinare la realizzazione della passione amorosa fortemente e ingenuamente idealizzata.

 

Numerose, quasi ossessive, le citazioni ciinefile buñueliane: il racconto durante un viaggio in treno (Quell’oscuro oggetto del desiderio); un religioso che gioca d’azzardo (Il fantasma della libertà); lo sfondo di una città immobile e sonnacchiosa (Tristana), che confermano, come era già accaduto per l’opera più esplicitamente e dichiaratamente buñueliana (Belle toujour, seguito immaginario di Bella di giorno), l’ammirazione di Oliveira per il grande maestro di Calanda, ma anche la sua lontananza da lui, potentemente trasgressivo e profondamente estraneo al suo cinema…



Rimando alla mia Playlist  per le mie recensioni e i miei commenti ai film buñueliani che ho citato.

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