Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
La finestra di fronte: un classico della cinematografia, che di quest’ultima è quasi una primordiale metafora. La fissità dell’immagine, che ritaglia uno scorcio nel fluire del tempo, è la foto che coglie l’attimo preparandolo a svilupparsi in un racconto. È il principio del movimento che è illusione dell’occhio, e quindi è tale da animare la fantasia della mente, oppure i sogni del cuore. Ammirare da lontano il ritratto vivente di una ragazza incorniciata da un infisso, è come cominciare ad amare un’inquadratura desiderando che diventi un film. È il folgorante avvio di un’idea istantanea che preme per farsi storia, e così costringe ad inseguirla lungo le strade del mondo, con lo sguardo sempre pronto a catturare, e a consegnare premurosamente alla memoria, ogni singolo momento del suo viaggio. Come ne La donna del ritratto di Fritz Lang, la bellezza è, inizialmente, solo un’icona: essa racchiude un’intuizione abbagliante che aspetta di prendere corpo. Può divenire concreta, come un innamoramento che sfocia in un matrimonio, o rimanere eterea e indeterminata, come un fiore che, incurante, si fa carezzare dall’aria, o una ragazza che tace e si lascia guardare, agitando ritmicamente il suo prezioso ventaglio cinese. Nel frattempo, prima di poterla possedere, occorre effettuare una scommessa, che si potrebbe anche perdere: si deve rinunciare a sé ed alle proprie cose per essere più leggeri nel rincorrere quella meravigliosa possibilità. È impossibile stare al passo con la sua fuggevolezza se non si è completamente liberi. Il protagonista di questa storia, tratta da un racconto dello scrittore portoghese José Maria Eça de Queiroz (1845-1900), è Macário, un giovane contabile che si fa licenziare dallo zio commerciante presso cui lavora, pur di poter sposare Luisa, la bionda fanciulla che abita di fronte al suo ufficio, e della quale si è irrazionalmente invaghito. La conosce appena, eppure, per lei, è pronto a rimettere tutto in gioco, come si farebbe, al tavolo verde, in vista di una vincita favolosa. D’altronde anche l’arte – che della bellezza è il culto per eccellenza – richiede solitamente la povertà, la folle disposizione ad abbracciare il vuoto, e a dotarlo di colori carichi e toni profondi, come nei versi di Fernando Pessoa. L’attesa è il nulla che, nel pensiero, si finge infinito, riempiendosi dell’allucinato lirismo dello squallore (come in un dipinto espressionista) o del machiavellico pensiero dell’assurdo (come in una composizione surreale). Manoel de Oliveira accompagna il peregrinare di Macário verso il suo incerto traguardo attraverso cambi di scenario che descrivono una contemplazione inquieta, ondeggiante tra diverse dimensioni dell’indeterminatezza: una stanza disadorna e solitaria, una buia riva del mare in cui qualcuno ha perso un cappello, un androne deserto, e un luogo arido e remoto, da cui il giovane può solo comunicare per lettera. Tutto ciò fa parte del lirico crescendo della speranza, del vagheggiamento romantico che è una variegata forma di silenzio e di distacco dal mondo. Il non sapere si fa poesia, fintanto che il cuore si culla nell’interrogativo; solo l’arrivo della risposta spezza l’incanto, ripristinando l’irrevocabile durezza della realtà, a cui appartiene, anche e soprattutto, la definitiva verità del responso morale. Singularidades de una rapariga loura è una storia che, passando per la trappola dell’ambiguità, riassume i due principali drammi dell’amore: l’irraggiungibilità della persona amata e la delusione procurata dagli eventi. Entrambi ci parlano di un’intensità che vive nell’intimo, occupando un minuscolo tassello del mosaico universale, e che per questo è esposta alla sventura: è, infatti, destinata a rimanere invisibile, al di sotto della soglia d’attenzione del destino, oltre che circondata dall’indifferenza degli uomini.
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