Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Il mondo è una vastità senza confini e nel silenzio assordante della natura l’uomo primitivo si ciba del suo simile, One Eye è un guerriero senza nome, muto per sempre e crudele come pochi, schiavo di animali come lui che lo sfruttano in combattimenti corpo a corpo di rara violenza.
One Eye vince sempre, perché a spingerlo è un odio ancestrale, forse incontrollato ma per lui vitale, sempre in catene si muove nella desolazione più assoluta, aspettando il momento giusto per riconquistare la libertà.
I primi venti minuti di questo Valhalla Rising sono di una bellezza dirompente, un cinema che ritorna quasi alle origini privilegiando la semplicità della sola esposizione visiva, il danese Nicolas Winding Refn ci sorprende con l’essenzialità delle immagini, rinunciando ai dialoghi che pure in minima parte ci sono.
Parole che comunque non servono quando le emozioni ci arrivano attraverso i corpi, corpi segnati dal dolore e dalla sofferenza, sfregiati fin dentro l’anima, Refn non svela niente del suo protagonista, non sappiamo da dove viene (forse dall’inferno), perché è tenuto prigioniero, come ha perso l’occhio, l’attenzione del regista è tutta rivolta al viaggio, alla scoperta di un Dio che forse non c'è, in cerca di una verità dietro la menzogna.
E cosi entriamo in questo universo alieno dominato da barbari vichinghi e da crociati fanatici, un ambiente rarefatto e quasi immobile, perennemente immutato nella sua staticità, i ritmi sono lentissimi e l’azione latita nonostante l’incipit virulento, One Eye sogna il suo destino in tinte rosso vermiglio, noi siamo affascinati dal personaggio e lo seguiamo senza fiatare, quasi ipnotizzati da quell’unico occhio pulsante.
Difficile definire questo film, inserirlo in un contesto codificato e rassicurante, Valhalla Rising è pura sperimentazione audio-visiva, un progetto assolutamente riuscito che pur muovendosi su registri definiti si evolve in continue mutazioni, la lunga sequenza sulla barca è in questo senso significativa.
Un gruppo di uomini avvolti da una nebbia perenne, la camera che fino a quel momento si era mossa sinuosa nelle vastità delle terre selvagge che di colpo si blocca per fotografare questo spazio angusto, la luce diviene bicolore illuminando un palcoscenico da teatro d’avanguardia, e le emozioni dilagano, la paura della morte, l’assenza del tanto evocato Dio, il bisogno impellente di trovare un colpevole (il bambino che accompagna One Eye), infine la violenza naturale dell’uomo, stavolta rapida ma sempre spietata.
Con l’arrivo della comitiva nella Terra Santa (ma lo è davvero?) il film di Refn si fa ancora più radicale, le attese si prolungano e la follia dilaga, il finale si presta a diverse interpretazione ma il sacrificio resta sempre una forma di nobiltà, nella speranza di un futuro ancora da scrivere.
Valhalla Rising non è un film per tutti, nasce volutamente difficile e criptico, non a caso è passato quasi inosservato, da recuperare con la consapevolezza del rischio delusione ma con la curiosità che una pellicola del genere non può che suscitare.
Grande prova per Mads Mikkelsen, statuario e di prorompente vitalità il suo One Eye, notevole la regia di Refn tra simbolismi e spiccato talento nella costruzione dell’immagine, sorpresa vera per quanto mi riguarda e opera da rivedere, perché il gradimento non può che aumentare.
Visto in originale con sottotitoli.
Voto: 8
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