Regia di Samuel Maoz vedi scheda film
Libano, 1982. Il soldato Shmulik (Donat) non vorrebbe sparare, si è esercitato soltanto su dei grossi bidoni, ma adesso è costretto a fare fuoco dal lurido carro armato che condivide con tre commilitoni e osserva gli orrori della guerra unicamente dal periscopio.
Parabola antimilitarista che ricostruisce il conflitto mediorientale tra Israele, Siria e Libano, costruita attraverso la lenta prismatica del dramma esistenziale di un uomo costretto alla guerra. Per raccontarla, l'esordiente regista 47enne Maoz Shmulik opta per una scelta radicale: quella di non mostrare il mondo esterno se non dal puntatore del mezzo bellico. Chapeau per tanto coraggio stilistico. Peccato che Shmulik trascuri tutto il resto: dalla recitazione, di livello a dir poco amatoriale, ai dialoghi, impregnati di un patetismo corrivo che mira tanto al fazzoletto quanto all'effetto "noi uomini duri", fino alla visibilità dell'artificio, troppo smaccato per risultare credibile. Per non dire delle riprese che coinvolgono la popolazione civile, macabre quanto gratuite nella loro efferatezza. Ottimo però il lavoro sul sonoro.
Leone d'oro come miglior film alla 66. mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia (2009). Ma, si sa, quello di Venezia è un festival degno di un Paese come l'Italia…
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