Regia di Christopher Nolan vedi scheda film
Ieri sera, facendo un veloce zapping televisvo, mi imbatto nella prima-tv di Inception, film visto (e personalmente archiviato) al cinema. In quel preciso momento del film, Leonardo Di Caprio sta spiegando a Ellen Page i meccanismi dei sogni, come riuscire a controllarli. Ecco, per me, il grosso problema di Inception (e del cinema di Nolan in generale) è tutto qui: «spiegare». Spiegare tutto. Spiegare ogni cosa. Non lasciare allo spettatore il benché minimo spiraglio di partecipazione o "lavoro". Inception fa parte di quella (ormai collaudata) schiera di film che Thomas Elsaesser definisce mind games movies: film in cui vengono stabilite le regole del gioco, e dove vige l'illusione di una (apparente) scompaginazione in flash-back, poi propriamente reintegrata. Inception è la quint'essenza della risposta di Hollywood a qualunque scarto stilistico o narrativo considerato audace: la grande sintagmatica bordwelliana al lavoro. Fino a giungere al parossismo del finto finale "aperto": perché allo spettatore è già stato spiegato in lungo e in largo cosa rappresenta quella rotella.
Questa sì che è colonizzazione dello sguardo.
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