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Inception

Regia di Christopher Nolan vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Inception

di petweir
10 stelle

Non sappiamo quanto segnerà l'immaginario cinematgrafico del futuro; sappiamo però già quanto un film come Inception stia condizionando il presente. Raramente abbiamo sentito riguardo a un film discussioni e ipotesi come nel caso dell'ultimo film di Christopher Nolan. Per non parlare delle tesi, anche le più bizzarre, che fioccano ormai ovunque, numerosissime, su forum specializzati e non solo su e giù per la Rete.

Ce ne occcupiamo anche noi, per come siamo capaci, armati di un po' di esperienza, un po' di giudizi acuti scovati in Rete e soprattutto dopo aver visto il film per un numero congruo di volte.

Partiamo dalla ipotesi interpretativa più suggestiva, quella per cui, francamente, facciamo un po' il tifo tenendo però presente due osservazioni. Una, ovvia ma necessaria, che chi non abbia visto il film non si provi neanche a leggere queste righe. La seconda è un'obiezione, un po' banale, facile da controbattere ma sempre presente soprattutto di fronte all'analisi accurata di film popolari. Un'obiezione che si può riassumere nella domanda: “Ma davvero Nolan, il regista, aveva in mente tutte queste cose ?”. Risposta ovvia: non sappiamo e sinceramente ci interessa poco entrare nella mente di Christopher Nolan o chicchessia. Ci interessa andare a fondo delle cose, andare in profondità e provare a scartabellare la realtà che è sempre complessa e ha sempre più livelli di interpretazione. E' capitato, anche al sottoscritto, di vedere più e più volte lo stesso film e trovare sempre nuovi particolari, una nuova ricchezza da scoprire. Poi è capitato di presentarli in occasione di eventi pubblici o quant'altro, ed è capitato di trovare gente apparentemente molto meno preparata del “critico” osservare, alla prima, forse unica, visione del film, un particolare o più che non si era visto o a cui non si era dato peso. Come quei ragazzi di prima liceo scientifico che mi facevano notare che proprio sotto Inception, oltre al mito, macroscopico, di Teseo e Arianna, è altrettanto evidente e significativa la vicenda di Orfeo. Quindi la domanda vera da porre non è se se Nolan ci abbia pensato o meno a inserire tali miti, ma se sarà così grande da sapere riconoscere nel suo film un particolare notato da una banda di quattordicenni che lui non aveva nemmeno pensato lontanamente pensato di inserire.

Comunque, tornando a Inception. E' chiaro che dietro la vicenda complicata di Di Caprio/Dom Cobb, ladro di sogni disperatatemente diviso tra l'amore per l'ombra della moglie e la vita da spendere accanto ai figli c'è molto di più di un film. C'è la teorizzazione precisa, dettagliata e spettacolare insieme di quel grande sogno condiviso che è il cinema e il suo prodotto, il film.

Molti hanno notato – a dire il vero più i cinefili duri e puri che gli addetti ai lavori – che Inception è una grande metafora di come si crea, di come si dirige, di come si fruisce lo spettacolo cinematografico. In questa immagine ogni personaggio ha un ruolo ben preciso. Dom Cobb è il regista, vero punto focale di una squadra di lavoro; vera mente creativa e personaggio pieno di dubbi, incertezze, paure. Arriveremo fino in fondo ? Quanto durerà ? Quando potrò tornare a casa ?. Cobb viaggia tra vari set, alla ricerca del sogno perfetto, di un sogno che diventa realtà. E' un uomo divorato dal cinema, per il quale ha sacrificato tutto: amici, moglie, figli. Accanto a lui, Arthur, fido scudiero, uomo d'azione, personaggio concreto, in grado di risolvere i problemi del set (più in particolare del set in hotel, il secondo livello del sogno). E' il vice, l'aiuto regista, quel personaggio preoccupato di far andar avanti le cose. Più esecutivo che riflessivo. Quello che deve coordinare il “calcio”; l'uomo che deve risolvere le emergenze. Il Chimico, altro personaggio chiave del film, è una sorta di addetto agli effetti speciali: grazie a lui e a quel composto “magico” che mette a punto, un sedativo molto potente, darà il suo contributo fondamentale alla buona riuscita della missione, cioè del film. Si ha poi una scenografa, Arianna, nomen omen, vero architetto del film; un produttore a finanziare l'opera (il miliardario giapponese Saito); un attore in grado di calarsi nella parte perfettamente (il falsario interpretato da Tom Hardy) e anche uno spettatore, Fischer, ingannato come tutti gli spettatori da questo continuo gioco delle parti, da queste maschere incrociate. Disposto, come ogni spettatore, a compiere quell'atto di fede, ovvero la sospensione dell'incredulità, fondamentale ingrediente per la fruizione di un'opera cinematografica, per cui si crede, anche se per poco più di due ore, al discorso, razionalmente anti naturalistico, che propone Nolan. Per questo il film è un grande sogno condiviso perché come nei sogni siamo dentro, ci dimentichiamo, anche se per poco, di essere dentro, e prendiamo per veri, se il sogno/film è buono e convincente, tanti, tantissimi elementi che veri non potrebbero essere mai. Eppure, si piange, si ride, ci si commuove e si sobbalza in un film. Proprio come in un sogno, con la stessa percezione, dopo il “calcio”, all'uscita dal cinema, che tante, tantissime cose proprio non quadravano. Come nel caso di Inception, dove però le cose che non tornano sono in realtà dei riferimenti evidenti posti da Nolan.

Ma questo apre a nuove questioni, e ad almeno una nuova chiave intepretativa alquanto suggestiva.

In questo schema, che a parer nostro scioglie quasi tutti i nodi, è in realtà Cob a essere “innestato”. Ci sono infatti troppi elementi che non quadrano e che appaiono strani, incongruenti, irreali. Troppi particolari stonati in un film che si presenta come assolutamente compatto dove nulla è lasciato al caso. Così, suonano strane alcune battute inserite nella sceneggitura e davvero estranee alla vicenda in sé. La battuta che pronuncia un vecchissimo Saito allo sconvolto Cobb nell'incipit del film (“Vuoi vivere come un vecchio pieno di rimpianti che aspetta da solo la morte ?”), richiama ovviamente il finale, con la stessa battuta e la riposta, significativa del personaggio interpretato da Di Caprio (“Torneremo giovani insieme. Torna con me”). La stessa battuta con al centro l'immagine del vecchio solo carico di dolore e di rimpianti è ancora detta, precedentemente nell'hotel, nel secondo livello del sogno dal magnate giapponese al ladro di sogni e riecheggia, non a caso, nelle parole della canzona, sempre quella, di Edith Piaf (Je ne regrette rien), una canzone struggente che parla appunto, innanzitutto, di rimpianti. Tra l'altro, e anche questo, se conosciamo Nolan, non sarà un caso: la donna dei rimpianti, incarnazione di un male assoluto, di un peso di cui liberarsi è raffigurata nel film dal personaggio di Mal, (nomen omen: Mal in francese significa proprio male), interpretato anche qui, e non per un caso, da un'attrice francese, Marion Cotillard, a sua volta protagonista del biopic di un paio di anni fa, La vie en rose, proprio sulla splendida, dolorosa Edith. Tutte coincidenze ? Forse. Ma allora dovremo mettere in conto anche il riferimento a Parigi, città evocata, anche da un punto di vista architettonico più volte durante il film, così come altre sequenze “sospette”. Come quella dell'inseguimento a Mombasa, troppo irreale, soprattutto per l'intervento provvidenziale dello stesso Saito. Un inseguimento, quello ambientato nella città africana, tutto giocato visivamente (un'inquadratura aerea lo sottolinea espressamente) attorno a quella figura del labirinto che è regina incontrastata nel film. La stessa immagine molto suggestiva di Cobb incastrato in una via strettissima della città non consente soltanto a Nolan di far crescere esponenzialmente la suspense nella narrazione, ma permette altresì di evocare una sensazione classica del sogno – l'essere intrappolati – e al tempo stesso di calcare nella mente dello spettatore, verrebbe da dire innestare, un'idea chiave del film: l'essere in trappola tra sogno o realtà, l'essere schiacciati tra il senso di colpa e l'impossibilità di uscirne fuori, nel caso di Cobb. L'essere intrappolati in un sogno condiviso, dai risvolti terribili e inquietanti. Sono poi altre due le sequenze evidentemente incongruenti: la sequenza in cui, necessitando la squadra di Cobb di tempo sufficiente per far viaggiare nel sogno la presunta vittima dell'innesto, Fischer, Saito ha la pensata geniale e provvidenziale di comprare addirittura la linea aerea su cui viaggerà Fischer dopo un problema con il jet personale. Trovata da film, un po' facilona, sui cui lo spettatore deve far leva di una buona dose di atto di fede per poterla digerire. O ancora, la sequenza fondamente del risveglio dei componenti la squadra di Cobb nel camioncino bianco, primo livello onirico. Una sequenza fondamentale che lascia intendere, nonostate le parole di Ariadne (Ellen Page: “Se la caverà !), pronunciate ad Arthur, che Cobb sia ormai bell'e che morto, se è vero che Ariadne e Arthur si passano il respiratore mentre Saito, già gravemente ferito al principio dell'avventura onirica e lo stesso Cobb sono del tutto privi di vita.

Da ultimo, è riposto in un personaggio il segno macroscopico del sogno nel sogno di Cobb, ovvero il suo essere vittima dell'innesto, vale a dire il personaggio di Ariadne. Personaggio già nel nome incaricato di condurre il novello Teseo fuori dal labirinto; una ragazzina dotatissima e capacissima, presentata a Cobb dal suocero intepretato da Michael Caine che in quel di Parigi esce con una battuta profetica (“Torna alla realtà”), rivolgendosi al genero. Ariadne si configura come un personaggio chiave per la vicenda di Cobb: è sempre presente alle confessioni, ai momenti chiave di Di Caprio, come se fosse una sorta di psicanalista. Lo aiuta a combattere il male (Mal), incarnato dal fantasma della moglie. E' il personaggio che ha anche il compito di spiegare agli spettatori i vari livelli del sogno, le possibilità infinite dell'architettura onirica. Troppo esterna alla storia, troppo spettatrice passiva, troppo evidente il suo scarto rispetto agli personaggi di una vicenda in cui sono del tutto inseriti senza soluzione di continuità. Un personaggio che richiama senz'altro il mito di Teseo e Arianna, sottotestoi mitologico, d'altra parte, non unico nel film se è vero che almeno altri due miti classici compenetrano il film di Nolan, come già accennato. Da un lato il nostos di Ulisse e il desiderio di rivedere i figli; dall'altro la vicenda struggente di Orfeo che grazie alla propria abilità poetica, tenta, inutilmente di riscattare dalla morte la moglie amata.

Un'ipotesi suggestiva, quella di Cobb oggetto di un innesto di un'idea semplice quanto efficace (“Vuoi vivere come un vecchio pieno di rimpianti o vuoi tornare indietro giovane ?” che è avvalorata anche dalla povertà culturale dell'idea che Cobb dovrebbe innestare a Fischer (“Divide et impera”). In quest'ipotesi, Saito altri non sarebbe che un altro falsario, proprio come Eams, il falsario “vero” interpretato da Hardy, incaricato di stabilire quel rapporto intimo con Cobb per farlo tornare alla vita. Da questo punto di vista quindi, Saito, come lo zio di Fische,r non è mai stato ferito ma il tutto è una semplice messinscena all'interno di un sogno e tutti gli altri elementi della squadra, in primis Ariadne, sarebbero complici fidati. In questa prospettiva, quasi tutti gli elementi tornano – molti più per qualità o quantità rispetto alla vulgata per cui Fischer è l'innestato e Cobb l'autore dell'innesto. A non tornare è la figura di Fischer che, se fosse davvero complice (ricordatevi gli sguardi ammiccanti di Arthur e Ariadne al risveglio di Cobb sull'aereo), non se ne starebbe certo a rimuginare sull'idea del dividere la multinazionale. A meno che, ma qui si aprirebbero nuovi, infiniti schemi interpretativi, il tutto sia un sogno (NB: un sogno non ha mai un inizio, ci si rende conto che qualcosa non torna solo dopo che ti sei svegliato): sia un sogno il prologo con i due livelli nella mente di Saito; sia un sogno anche la preparazione della “stangata onirica” ai danni di Fischer; sia un sogno anche il finale con il simbolo della trottola impossibile da decifrare. Che tutto sia un sogno, cioè un sogno condiviso, uno specchio che rimanda a altri specchi infiniti, come richiama una bella immagine del film o come ci ricorda la rappresentazione paradossale e impossibile della morte di Mal, che si butta dalla stessa finestra dello stesso appartamento di Di Caprio che è affacciato dall'altra parte da un altro speculare davanzale. Che sia cioè l'ennesimo gioco col tempo e con lo spazio di Nolan che ha sempre raccontato nei suoi film l'impossibilità dell'uomo moderno di affermarsi come io univoco, ora chiuso, quasi stritolato in una liscia e ambigua tuta da pipistrello (Il cavaliere oscuro); ora alle prese con un'identità da costruire ex novo a in cui credere (Memento); ora uomo di legge in piena contraddizione tra luci e ombre, giorno e notte (Insomnia). Infine, nel film che più abbiamo amato, più anche di Inception, l'uomo alle prese con la maledizione del cinema, dello star system, dello spettacolo e della tecnica. Un uomo davanti allo specchio scuro della sua anima (The Prestige). Il protagonista di Inception è tutti i personaggi di Nolan e anche qualcuno di Kubrick (del cui 2001, proprio Inception contiene una bella quanto discreta citazione): è un uomo che non avendo più un punto fermo fatica a riconoscere ciò che è vero e ciò che non è vero. E' l'uomo che basta a se stesso e condanna se stesso a un baratro di solitudine, tenebre e probabilmente menzogna.  

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