Regia di Christopher Nolan vedi scheda film
Ho letto e riletto la recensione di Mauro Gervasini relativa ad Inception, pubblicata sul numero 38 della rivista. Sono andato a rileggermi le recensioni riguardanti i film precedenti di Nolan, ho divorato i commenti in rete (soprattutto quelli degli utenti registrati al sito di FilmTV. Finalmente ho visto il film. Devo dire che mi ha scosso profondamente, come del resto le altre opere del regista.
Onestamente credo che finora critica e pubblico si siano in generale concentrati soprattutto sull’aspetto estetico delle opere di Nolan, piuttosto che sul nocciolo della loro ragion d’essere. Un po’ come se, scavando e cercando, sotto la bella superficie non avessero trovato nulla.
La maggior parte degli entusiasti e dei detrattori, ciascuno a modo suo, si concentra sul meccanismo del giocattolo (che è presente ed è insieme apparenza e parte della struttura intrinseca dell’opera), rinunciando a cercarne la funzione, fino a negarne l’esistenza. Eppure se il giocattolo e tale, la sua funzione è comunque ludica, o mi sbaglio? E in che modo la svolge: è corretto oppure no?
I detrattori in particolare attaccano: si obietta che il gioco è confuso, difficile da capire; si obietta inoltre che il gioco è ammantato da un’aurea di “autorialità” che fa molto fumo e molto arrosto. Si parte da un thriller e si arriva ad un film d’azione perfino lento e carente di equilibrio, salvo alcune (peraltro discutibili) impennate. Insomma: l’abito elegante nascondeva una rozzezza traballante e programmatica, un’astuta ma in fondo volgare imitazione di tanto altro cinema. Il cinema di Nolan è un vorrei ma non posso, travestito da “Ce l’ho fatta!”, urlato con tronfia arroganza.
E quindi questo film è davvero un replicante senz’anima di Blade Runner? Il regista è davvero un aspirante e arrogante usurpatore di Kubrick? Inception è un tentativo di lesa maestà senza averne neanche i requisiti? Il nulla dietro l’apparenza?
Non penso che sia davvero così.
Se invece di partire dal confronto (ingeneroso) tra Nolan e i giganti del cinema come Kubrick, accostassimo le loro opere per vedere che effetto esce fuori… Un po’ come nella sequenza della riflessione infinita, quella in cui Ariadne chiude le porte a specchio, durante la sua passeggiata di prova nel sogno. Credo che otterremmo un risultato simile.
Inception è il prodotto di una riflessione egocentrica ma allo stesso tempo antropocentrica. Inception ha l’arroganza di chiamare in causa l’esistenza stessa, usando il cinema come arena per infiniti giochi di riflesso, ma non lo fa per consacrare il percorso di un uomo, un mercenario, che finalmente esce dal suo incubo personale in modo assolutorio. Inception racconta la via di un essere che non riesce (o non vuole) prendere coscienza del proprio fallimento, della propria incapacità di arrivare in porto senza ricorrere ad inganni e stratagemmi. L’uomo che inganna e si auto inganna e prosegue l’interminabile costruzione di infiniti castelli, fragili come se fossero di carta, inseguendo le proprie ossessioni.
Nolan vede probabilmente se stesso o parte di esso nel Cobb del suo Inception e ce lo avvicina, proprio come se fosse uno specchio, invitandoci a notare somiglianze e differenze tra noi e ciò che vediamo.
Il racconto viene sezionato, smontato; i suoi pezzi sparpagliati brutalmente e poi assemblati in modo anche non perfetto (e il congegno non è sempre perfetto, possiamo concedere questa attenuante ai detrattori: ci sono alcune dilatazioni, eccessi di verbosità, qualcuno preferisce l’interpretazione di un attore e affossa quella di un altro, la musica di Zimmer è travolgente ma spesso eccessiva).
Il cinema (anche come giocattolo) per Nolan è come la trottola, che nel film dovrebbe essere il cardine su cui il protagonista Cobb ricostruisce la sua sanità mentale, il suo puntello, la sua coordinata. Eppure perché lo stesso Nolan la fa ondeggiare e vacillare nel finale, senza tuttavia mostrarci se davvero cada o meno? Perché Nolan si rifiuta di mostrarci la via? Perché ce la nega con questo atto brutale?
Ebbene cito alcune delle parole di Gervasini, tratte dalla recensione del film, cui rimando poiché quel che sto scrivendo rischia già di allungarsi: “(casomai non si fosse capito, la trottola ha lo stesso valore dell’unicorno)”; Direi che questo punto Gervasini l’ha centrato, mentre mi pare che abbia saltato quello successivo: “Come al solito con Nolan manca il passaggio successivo, dalla fantastica trovata” alla filosofia.” Ma siamo davvero sicuri che Nolan abbia mancato il salto successivo?
Io mi chiedo, quale sia il giusto approccio verso un cinema dichiaratamente ossessivo e ossessionato come quello di Nolan.
Ce’è chi afferma che Nolan sia più furbo che bravo; che lancia il sasso e poi nasconde la mano.
Ma la via che Nolan cerca all’interno del labirinto da lui stesso costruito non è quella che ci consentirebbe di riallineare correttamente le facciate di un cubo di Rubik.
Il regista appare consapevole di non aver raggiunto la fine di questo intricato percorso (e come potrebbe) e allo stesso tempo ci invita a maturare una simile progressiva consapevolezza o quantomeno a confrontarci con essa. Se questa non è filosofia…
Il suo Don Cobb che cerca di orientarsi nel labirinto grazie ad una giovane e moderna Arianna, somiglia in parte a Teseo ma la sua determinazione nel violare ogni regola (divina) lo rende simile ad un moderno Dr. Faust. E il patto col diavolo (che si nasconde dentro di noi) Nolan lo ha già raccontato nello splendido The Prestige.
Inception è uno straordinario esercizio di riflessione sull’esistenza e lungi dall’essere un giocattolo rotto o mal concepito è semplicemente ostico da decifrare sin quando ci si rifiuta di accettarlo come cinema in quanto tale e non derivato, o copiato da altri.
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