Regia di Renzo Martinelli vedi scheda film
Dopo il successo planetario di capolavori quali Vajont (coraggiosa inchiesta sulle cause dei disastri ambientali), Porzûs (denuncia dei crimini commessi durante la Seconda Guerra Mondiale dai futuri dirigenti del PD) e Il mercante di pietre (ficcante analisi sul fenomeno del terroNismo, pardon, terrorismo islamico), ecco l’apoteosi di un genio del cinema italiano, con questo Barbarossa. Valendosi della sagace sceneggiatura della nuova coppia d’oro del cinema nazionale, degna erede della premiata ditta Age & Scarpelli, vale a dire Trota & Calderoli, l’ottimo Martinelli mette in scena una storia di cappa e coppa che resterà negli annali. Il contributo fondamentale è naturalmente quello del Trota, che trae frutto dai suoi lunghi anni di studi sui banchi di scuola, dove tutti ne conservano il ricordo (anche se il buon Trota pare avere lasciato molti più ricordi appiccicati sotto ai banchi). È probabilmente sua la trovata geniale dei re magi sepolti nelle fogne milanesi. Non si sa invece se attribuire al suddetto o al suo socio qualche ardita licenza poetica, come Alberto da Giussano che legge La Gazzetta dello Sport il lunedì mattina o il Barbarossa che frigge i gamberetti alla Festa dell’Unità. Il resto lo fa la bravura degli interpreti, dal divo Raz De Gan, uno che è passato con la stessa espressione dalle corna dello Jägermeister a quelle della Barale, ad un volto sul quale il cinema italiano potrà contare anche in futuro: Federica Martinelli, che merita la parte in commedia per il solo fatto di sopportare da anni il padre regista (e che non si dica che la Lega a Roma ha imparato il nepotismo, caso mai il figlismo).
Avrei fatto doppiare il Barbarossa con la voce di Prodi. Avrei fatto morire Siniscalco Barozzi almeno due o tre volte e avrei fatto muovere Alberto da Giussano sempre al ralenti. E poi perché nemmeno una battaglia a torte in faccia?
Propone un Alberto da Giussano agile come Robin Hood, prestante come Maroni, espressivo come Cota, intelligente come Renzo Bossi, elegante come Calderoli e raffinato come Borghezio.
Interpreta un Siniscalco Barozzi particolarmente sfortunato: ogni volta che vuole mettere al rogo una strega, piove. Notevole la parabola professionale del bravo attore americano: da Salieri a Barozzi.
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