Regia di John Lee Hancock vedi scheda film
Questa volta Hollywood ci racconta la storia di un imponente, ma docile ragazzotto - “Big Mike” per chi lo conosce solo in superficie; Michael Oher per chi ha voglia di trattarlo con più rispetto - che dopo anni di travagliate peripezie (la vita lo conduce…”su strade impervie e misteriose, nelle quali si intrecciano solitudini, silenzi e ricerche estemporanee di rifugi per la notte, rischiarati da isolati lampi di solidarietà”: tinodeluca) ha la fortuna di incontrare una sorta di angelo custode (una cotonatissima, ma brava S.Bullock) che stravolgerà (in meglio) la sua vita.
Un angelo, dapprima, dalle sembianze di una sciccosa signora, apparentemente frivola e snob, poi dalle sembianze di una madre; sì fiera e un po’ altezzosa, ma anche protettiva, premurosa e disposta a scrollarsi di dosso quello strato di freddezza che si porta sempre dietro pur di non negare un abbraccio caloroso e sincero a suo figlio (scena finale): semplicemente, una mamma…quella che Michael non aveva mai davvero conosciuto.
Ancora una volta, dunque, una bella storia, di quelle che hanno molto da insegnare, di quelle che fanno bene all’anima.
E poco importa se si tratta del “consueto, ammiccante prodotto hollywoodiano…un’americanata dallo stile educato e corretto, bella solo perché candidamente rassicurante” (OGM); poco importa se si tratta dell’enniesimo patinatissimo escamotage compromissorio, che - coniugando spettacolo e morale - appaga i sensi e la coscienza (e riempie le tasche dei produttori).
Rimane indubbiamente una bella storia, di quelle che restano impresse nella mente per molto tempo, di quelle che fanno credere che - con l’aiuto dei propri cari, in questo caso - tutto sia possibile.
Io voglio crederci (le foto originali di Michael con la sua famiglia - mostrare tra i titoli di coda - mi chiedono di crederci).
Piuttosto l’unica cosa che digerisco a fatica è il tentativo di farci credere quanto siano caritatevoli, filantropi, pronti all’accoglienza e al dono gratuito i militanti del partito repubblicano (oltre che simpaticoni autoironici, se si pensa alla battuta: “chi avrebbe mai detto che avremmo avuto un figlio nero prima di conoscere un democratico?”). Non che non lo siano necessariamente, ma certo non so quanto siano altresì disposti “a interrogarsi realmente sulle ragioni che sottostanno alle iniquità sociali contro le quali si mobilitano” (MYmovies).
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