Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film
Io sono l’amore è uno dei film italiani più belli degli ultimi vent’anni. Avvolto dalla sapiente regia di Luca Guadagnino, lo spettatore è cullato e stregato da una Milano quasi familiare eppure distantissima, attirato nelle velenose spire di una famiglia ricca, anzi ricchissima, che ha smarrito tutto, a cominciare dal significato dell’essenza della vita stessa. Anelli saldi eppure debolissimi di una catena umana che non ammette ripensamenti, soffocati e soffocanti, invincibili e vulnerabili. Parabola di lucidissima ed autoptica concretezza, capace di descrivere come non mai l’effimera fragilità dell’essere umano, la sua vigliacca ipocrisia e la follia di un sogno tramutatosi in fuga, Io sono l’amore, lega e conquista, trascianandoci nei lussuosissimi gironi infernali di una prigione dorata, difficilissima da abbandonare, se non a caro prezzo. Universale storia di una scelta, di una fuga e di una famiglia, calligrafica rappresentazione senza sconti, di un manipolo di personaggi in cerca d’autore in una commedia umana, tragica e meravigliosa. Storia in cui sono i silenzi a parlare, a raccontare e a stregarci, facendoci dubitare di noi stessi e rendendoci complici di un finale tra i più belli mai visti al cinema negli ultimi vent’anni. Quello che lascia esterefatti è la qualità della sceneggiatura, della regia, della fotografia e dell’interpretazione, dando un colpo di spugna a tutta la recente produzione del bel paese, Guadagnino sogna e gira in grande, mentre gli spettri di Luchino Visconti e Louis Malle si aggirano tra le splendide inquadrature. Io sono l’amore, potrebbe benissimo essere un film francese o inglese, per la complessità del suo significato e la sfavillante bellezza del suo significante. Il nostro cinema infatti, diviso equamente tra Manueli d’amore e Vacanze di Natale, non è più abituato a pellicole come questa e infatti in molti l’hanno colpevolmente ignorata. Fossilizzati in un trito reiterarsi di caratteri e caratteristi, imbolsiti da risate a mezze labbra ed imbarazzanti crisi di mezza età, l’epifania messa in scena da Guadagnino, lascia attoniti, ipnotizzati e conquistati, forse perfino un pò impauriti. Finalmente un altro cinema è possibile.
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