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Io sono l'amore

Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Io sono l'amore

di hallorann
4 stelle

Titoli di testa lussureggianti e ariosi musicati da John Adams ci mostrano una bellissima Milano innevata dei giorni nostri. IO SONO L’AMORE potrebbe finire qui, le vicende della famiglia Recchi grossi industriali del tessuto ben presto lasciano perplessi e deludono.

 

 

Il vecchio patriarca Edoardo Recchi Senior abdica il comando dell’impero aziendale al figlio Tancredi e al nipote Edoardo jr. Emma di origine russa è moglie di Tancredi, madre di Edoardo, Elisabetta e Gianluca. Feste di fidanzamento, amori che nascono e che muoiono, passioni travolgenti come quella di Emma con il cuoco di famiglia Antonio, grande amico e imminente socio di un ristorante insieme al giovane rampollo Recchi. Quest’ultimo sensibile e fragile non conta niente ai vertici dell’azienda, infatti Tancredi vende a un angloindiano segnando la fine di un’epoca. Elisabetta pare aver ritrovato se stessa ma un grave lutto rompe l’equilibrio (apparente) di tutti. Emma confessato l’amore segreto lascia la famiglia.

 

A che serve fare bella mostra di maestria tecnica e un numero esorbitante di inquadrature da ogni angolatura se la sostanza è vuota? Il regista Luca Guadagnino confeziona una cornice appariscente e fredda come i caratteri dei protagonisti, manichini senz’anima. Qualcuno ha scomodato Visconti e qualche altro nome prestigioso, peccato che i film dell’autore di SENSO avevano delle signore sceneggiature anche nelle opere meno riuscite. Trama e personaggi di IO SONO L’AMORE sono banali e vecchi, non aggiungono nulla di nuovo alle solite tiritere sulla borghesia industriale italiana (che qui ricorda vagamente gli Agnelli) annoiata, cinica, amante del mangiar bene, del bello e con figli infelici e diversi (della serie ANCHE I RECCHI PIANGONO sic!). Gli agganci con l’attualità sono che gli eredi vendono l’azienda per salvarsi (sai che trovata). Tavole ben apparecchiate, estetismi irritanti, luci scintillanti, esterni leziosi, interni lussuosi e armoniosi, cinema d’arredamento che vorrebbe sopperire la mancanza di profondità di sentimenti (effimeri e repressi), di strategie aziendali e dinastiche appena accennate. L’amore tra Emma e Antonio sa di maniera e i loro congressi carnali sono algidi e non trasmettono mai per un attimo emozione o sensualità. Che dire poi del finale in crescendo brutto e ulteriormente appesantito dalle musiche? Neanche le lacrime di Maria Paiato riescono a lubrificarlo e renderlo umano. La rinascita del cinema italiano non passa da Guadagnino.

 

 

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