Regia di F. Gary Gray vedi scheda film
Questo film mi ha dato (e mi sta dando tuttora) molti spunti per riflettere. D'accordo, è un thriller molto teso e dunque è naturale ne sia rimasto coinvolto, ma stavolta il mio livello di "passione" mi ha portato ad una condizione quasi di eccitazione dopo la visione del film. Cosa avrà mai dunque di così "potente" questo film? Oltretutto poi il regista è un onesto mestierante con al proprio attivo pellicole non certo memorabili. La risposta non è così semplice. Già osservando il manifesto tutto sembra chiaro. Il più classico e prevedibile dei "revenge movies". Chi può negare infatti che un film che inizia con dei criminali che fanno irruzione in una casa di gente per bene e ne facciano scempio, sia un monumento al "cinema di vendetta"? Come però vedremo in seguito, non è tutto così scontato. Dicevamo di tremende immagini di apertura in cui una donna e la sua bambina vengono fatte oggetto di bestiale violenza sotto gli occhi straziati del padre di famiglia. Già lo spettatore immagina un seguito della serie "giustizia di sangue", sovrapponendo idealmente la maschera (in verità poco espressiva) di Gerard Butler a quella (altrettanto legnosa) di Charles Bronson. Questo brevissimo inizio (circa tre-quattro minuti) fulmina lo spettatore e lo ammutolisce. Poi subito dopo facciamo la conoscenza con l'avvocato-procuratore cui è affidato il caso. E qui si apre un altro aspetto del film, quello del "legal thriller". E bisogna dire che l'ispirarsi a quest'ultimo filone è improntato a una certa asciuttezza, evitando quindi le interminabili sequenze in aula a base di "vostro onore" o "obiezione respinta". Anche perchè poi in questo senso le battaglie vengono consumate per lo più negli studi legali e nelle carceri. A proposito di Legge, è bene aggiungere un dettaglio. Sfondo non casuale della vicenda è la città di Filadelfia, emblematica in quanto lì fu firmata la Dichiarazione di Indipendenza nonchè la Costituzione americana. Dunque città simbolo dei diritti civili dei cittadini americani. Sfondo perfetto quindi per raccontarci di un cittadino che si ribella alla Legge, proprio in nome di una SUA Legge, non ritenendo quella ufficiale più adeguata alla realtà. Discorso vecchio, che eccita gli animi reazionari, si sa. Come quelli -è facile intuirlo- di certi spettatori leghisti che saranno entrati in sala eccitatissimi all'idea di vedere il cittadino incazzato che fa il culo a tutti, liberandosi dagli orpelli di avvocati fighetti e di moralisti di sinistra. Eh eh. E invece temo che i Bossi boys usciranno dalla sala un pò "sgonfiati", e più avanti vedremo il perchè. Eravamo partiti dal Revenge Movie per poi soffermarci sul Legal Thriller. Procediamo in questo percorso di stili. Siccome il "cittadino che si ribella" ha evidenti fortissime motivazioni, che lo esaltano oltre i limiti dell'ossessione, quando gli capitano fra le mani gli esecutori materiali del crimine che ha distrutto la sua famiglia, vi potete immaginare che succede. E qui entra in ballo il "Torture porn", perchè il nostro ometto ha una componente di sadismo mica da ridere. Fin qui, potete constatare che il copione da "vendicatore solitario" è rispettato alla lettera. Ma (e siamo solo all'inizio del film) lo spettatore a questo punto già comincia ad avvertire i primi scricchiolii nel "teatrino" di questo filone. Precisamente quando Clyde (questo il suo nome) si offre inerte all'esercito di poliziotti accorsi per bloccarlo: e lo fa platealmente, denudandosi come un verme, come per dire "sono qua, tutto per voi". In sostanza Clyde, reo confesso, persegue l'obbiettivo di esser rinchiuso in una cella. E' impazzito? Tutt'altro. E' evidente che ha un PIANO. Ma che PIANO può mai avere un uomo che ha già fatto fuori i due criminali che aveva pervicacemente ricercato, peraltro finendoli tra atroci spasimi? Il suo progetto è diabolico e attiene ad un aspetto fondamentale del film. Clyde vuole entrare in carcere col proposito (da quelle mura anguste) di eliminare fisicamente tutte quelle persone facenti parte del Sistema Giudiziario che a suo tempo non avevano fatto tutto quello che avrebbero dovuto fare nei confronti dei due criminali. Qui dunque si superano le logiche da "revenge movie". Il personaggio di Clyde assume evidenti connotati di disturbo mentale che lo fanno accostare assai di più ad un Jigsaw-Enigmista o ad un Hannibal Lecter rispetto ad un Charles Bronson. E qui sta il centro, il nervo scoperto, di tutta la storia. Il cittadino vendicatore viene divorato dalla follìa e non ci sta più con la testa. In ambito di film di "giustizia solitaria" io individuo qui un "ribaltamento" che implica una sorta di rivoluzione rispetto ad una tradizione di sceneggiature manichee che in tanti casi precedenti si arruffianavano lo spettatore (il "leghista" ipotetico cui prima accennavo). Qua invece, gli autori, oltre -come appena detto- a spiazzare il pubblico evitando di fare banalmente il tifo per l'eroe solitario, scelgono giustamente di limitarsi a raccontare un storia inquietante facendo vedere che ciò che deve (o dovrebbe) trionfare è il buon senso e non il furore. E il buon senso è rappresentato dall'avvocato in carriera Nick Rice (personaggio dalle forti connotazioni "obamiane") il quale agisce sempre con correttezza. Egli infatti, al primo incontro con Clyde appena incarcerato, la prima cosa che gli dice (anzi gli bisbiglia in forma privata) è che "sta dalla sua parte" e che quei due criminali hanno fatto la fine che si meritavano. Sarebbe stato a questo punto un giochetto banale per gli autori farlo apparire come colui che rappresenta un Sistema "con le mani legate", o la "giustizia impotente", riducendolo ad una "figurina" vista mille volte al cinema. E invece Nick è una persona che interiorizza un grande dolore, che vive la vicenda con estremo e sincero travaglio, ma sa bene che non può non seguire i princìpi della Legge, nonostante dubbi e rimorsi lo assalgano a più riprese. Tutta la fase finale del film è una corsa contro il tempo, con ritmo incalzante da batticuore, che vede contrapposti l'avvocato e il folle detenuto. Con quali esiti, lo scoprirete vedendo il film. Ma io mi aspetto una domandina semplice da chi ancora non ha visto la pellicola. E cioè: ma come diavolo fa Clyde a sfidare l'avvocato Nick (e non solo lui ma addirittura tutto un sistema giudiziario), standosene rinchiuso dentro una cella?? E il bello è che (sempre stando là chiuso) determina la morte di un sacco di gente (segnalo una scena impressionante: una donna magistrato a cui esplode la testa, letteralmente!). Ecco, questo è decisamente l'aspetto più controverso e discutibile del film. Perchè va molto oltre il tollerabile in ambito di "sospensione dell'incredulità". Non voglio suggerire troppi dettagli, ma voi pensate che Clyde è una specie di Einstein che scava cunicoli sotterranei nel carcere, che gli consentono di andare e venire dalla cella, e inoltre organizza autentici massacri utilizzando robot-mitragliatori che lui (figuriamoci!) telecomanda, sempre dalla sua cella. Qui siamo alla barzelletta, dài. Questo versante così palesemente inverosimile, potrebbe inficiare (e secondo molti sarà così) la serietà di tutta l'opera. Sarebbe cioè un valido motivo per non prendere sul serio tutto il film. Io, credetemi, su questo punto ho molto riflettuto, e alla fine ho deciso per "il pollice all'insù". Cioè questa spudorata inverosimiglianza è ampiamente controbilanciata da un racconto teso e civile, da una sceneggiatura felicemente non banale e anzi stimolante nel suo tratteggiare le personalità dei due protagonisti, nel definire i loro ragionamenti e le loro scelte. E proprio questo serratissimo confronto tra due personalità che -pur partendo da uno stesso assunto morale- poi divergono radicalmente nei fatti, mi ha coinvolto a livello emotivo come raramente mi accade al cinema. E concludiamo esaminando il cast. Prima di entrare nel merito dei due mattatori protagonisti, vorrei rendere doveroso omaggio a due volti notissimi sebbene spesso relegati a ruoli secondari se non addirittura da caratteristi: il veterano di Hollywood Bruce Mc Gill e la "faccia da irlandese" per eccellenza Colm Meaney. Jamie Foxx in questo ruolo offre una performance tra le sue migliori di sempre, sensibilissima, ricca di sfumature, un personaggio non facile perchè carico di dubbi e vittima di sentimenti contrastanti. Gerard Butler, per quanto qua esprima al meglio un uomo disturbato e con la mente sconvolta, rimane fra tutti gli attori americani in circolazione quello che più detesto: diciamo che fra me e lui esiste una certa antipatia "a pelle". In ogni caso -Butler a parte- andate a vedere questo film. Vi appassionerà senz'altro. Garantisco io.
Voto: 8/9
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