Regia di Daniel Monzón vedi scheda film
La sopravvivenza è un istinto (sovran)naturale,abita in ogni luogo dell'animo,come "non plus ultra" delle difficolta'.
Emerge improvvisamente,come un onta d'intelligenza emotiva da supporto alla violenza.Quella di Juan Oliver è la storia d'un secondino,giovane di belle speranze,con moglie in attesa e avviato ad un bel futuro.Il destino gioca pero' una partita a carte,dove noi umani siamo le figure che compongono il quadro.Capita che il destino perda con la sfortuna,e il secondino Oliver si ritrovi catapultato in una buia cella,ferito e in attesa di cure.Intanto è li ad attendere,in mezzo agli animali in gabbia d'un sistema nevrotizzante,il sistema carcere.
Juan si trova immerso in quella melma,fatta di dolori,purghe e violenze,trascendendone l'etica diviene "uno di loro".Prigioniero per sopravvivenza,instaurando un rapporto filiale con un carismatico e nerboruto prigioniero.
Et voila' ecco il (neo)cinema spagnolo,volitivo ed antiretorico,scorretto negli intenti e sfacciato nei messaggi.
"Cella 211" è un film di ottima comprensione,serrato nel meccanismo dell'azione e pregno d'un sano vigore registico.
Non mancano i cenni stereotipati da "prison movie",con sfilze di detenuti ultratatuati e violenti,sboccati e sudici, dove emerge la fisicita' dell'attore Luis Tosar.Detenuto dal (sopran)nome evocativo e sinistro di "Malamadre" guida la ciurma di "Brutti,sporchi e cattivi" reclamante un diritto all'esistenza dignitosa,seppur dietro le sbarre.E di mezzo all'inferno si contrappone la figura del neofita secondino Oliver,candido ed intelligente, immerso come in una recita attoriale nei panni scomodi del detenuto.
Il nucleo centrale del film non vuol essere la prigione,il "non luogo" assume le sembianze d'un mondo privo di moralita' ed etica agli occhi dei piu'.In "Cella 211" la situazione viene ribaltata,si esalta il parossismo delle istituzioni che abbandonano al destino amaro il povero Oliver.
Allora sovviene l'umanita' e l'empirismo del mondo sommerso dei malavitosi,dove la vita non ha nulla da perdere,eppure nel dolore di Juan si dimostra vivo,umano e solidale.
E' un mondo pulsante e ricco di delazione,dove vi è il "Ponte" tra istituzione e malavita,dove i famigerati terroristi dell'ETA,sono "pezzi di ricambio" d'una strategia grossa e collusa.
Il regista Monzon sovviene a questi paradigmi,si dimostra abile nel miscelare tranci d'azione ed emotivita' forte,nel dolore rabbioso di Juan e nella solidarieta' di un "cattivo" come Malamadre.
Elementi che rendono fluida e scorrevole la trama,ricchi di pathos tormentato,sopratutto nell'intercedere dei rapporti tra prigionieri e burocrati.
Seppur pecca in passaggi scontati e forzature (la moglie di Juan presa a manganellate,e mostrata nitidamente),il film ha un impatto enorme su noi spettatori.E' il suggello delle istituzioni erranti di "giustizia",ma pregne di(O) errori e sensi di colpa per aver dimenticato (o abbandonato) i figli migliori......
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta