Regia di Daniel Monzón vedi scheda film
Un film di genere per non essere vittima dei meccanismi che lo decifrano e che si ripetono, deve tirare fuori dal cilindro qualcosa che non era stato ancora messo in gioco. Cella 211 si basa su di una buona intuizione, poco prima di una rivolta all'interno di un carcere, un nuovo secondino rimane chiuso in una cella e viene scambiato per un detenuto. Il film è potente, ha un ritmo frenetico e coinvolgente. Peccato che nonostante la storia funzioni, la sceneggiatura si macchia di notevoli incongruenze che fanno scemare presto il buon impatto visivo. Nel mezzo della rivolta il secondino infiltrato per forza, Juan,viene preso troppo facilmente in considerazione dagli altri detenuti,la sua storia personale influisce troppo sulla vicenda complessiva, la trasforma in psicodramma collettivo mancando totalmente di credibilità. Come per esempio l'intervento mediatore del poliziotto più crudele e violento,scontata la sua fine viene completamente dimenticato da chi lo aveva incaricato e viene mandato un nuovo interlocutore senza sapere prima cosa è successo al precedente. Il capo della rivolta, Malamadre, è un pò troppo contraddittorio, crudele assassino e premuroso compagno che ascolta e dispensa saggi consigli...Film che vuole essere di denuncia sulla vita carceraria e sulla spietatezza del potere che alla fine condanna e assolve tutti allo stesso modo.
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