Regia di Daniel Monzón vedi scheda film
Daniel Monzón si dà da fare e sfonda, però a spese della moderazione e della verosimiglianza. La vertiginosa discesa all’inferno di Juan Oliver è appassionante, e a tratti toglie il fiato; e il murale carcerario, sullo sfondo, è una Guernica cinematografica dalla fattura mirabilmente nitida e cruda. Tuttavia quest’antologia del male in forma narrativa è troppo monotematica e compressa per essere credibile: in questa innaturale corsa verso la catastrofe totale non c’è spazio alcuno per l’esitazione, il dubbio, la speranza e, fuori e dentro la prigione, l’umanità non trova il benché minimo spiraglio. Un’essenza concentrata è fatta per essere diluita: altrimenti è impossibile coglierne il sapore. Cella 211 ha la perfezione e la purezza del diamante; però brilla di una luce propria che, senza ombre né riflessi, è come un raggio artificiale creato in laboratorio.
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