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Videocracy. Basta apparire

Regia di Erik Gandini vedi scheda film

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La recensione su Videocracy. Basta apparire

di ROTOTOM
6 stelle

Perché un documentario su tutto ciò che la televisione mostra continuamente? Non basta guardare la televisione allora, per indignarsi? No. Perché il mezzo è diverso, la funzione è diversa ed è diverso l’approccio verso le immagini mostrate.

La televisione si rinforza ogni volta che la si interpella, una volta che le immagini prendono possesso delle sale da pranzo in procinto di ammutolirsi al suo cospetto, l’indignazione per quelle stesse immagini ne rafforza il potere poiché nel momento in cui vediamo è già stato, è già successo, il fine ultimo della creazione dell’Arma Finale del Dott. Goebbels (meravigliosa definizione di Bonvi messa in bocca ai capitani in trincea al comando dei fantaccini-carne da macello di Sturmtrruppen) è tenerci lì, anestetizzare e sottintendere che la prossima volta  altre immagini un po’ più deleterie fomenteranno un disgusto solo leggermente più forte, al quale proprio non potremo resistere, bisogna affondare ancora e vedere fino a che punto siamo arrivati mentre viene scavato un punto ancora più basso.

La tossicodipendenza è caratterizzata dall’assumere sostanze che promettono di lenire i dolori che esse stesse provocano. E così è l’Intrattenimento televisivo, pagliaccio di corte del potere mediatico, droga disgustosa che si nutre del nostro stesso disgusto

( leggere di David Foster Wallace Tennis Tv Trigonometria e Tornado  e Infinite Jest )

Ecco che scomporre le immagini e ricomporle in un quadro cinematografico ha invece un senso diverso, più consapevole. Ha un taglio critico, prima di tutto, una demistificazione del potere suadente dell’intontimento catodico che distrae da tutto e analgesizza da i dolori della vita vera.

Soprattutto, lo scorrere al cinema delle immagini della Tv del dolore e dell’Intrattenimento non sono mischiate a informazione, speciali, eventi, spot in un’alternanza vero-falso della quale perdiamo subito la scansione impastando tutto in un magmatico blob percepito come verosimile e mediamente accettato. Scontornate dall’indifeso contesto domestico al quale forniscono la versione  vincente della vita, queste immagini nella loro nudità perdono ogni potere affabulatorio mostrandosi per ciò che sono: una mostra di atrocità.

La missione di questi documentari non è addestrare alla visione critica della televisione e dei suoi contenuti, ma è semplicemente riuscire a spegnerla.

Ci voleva un italiano residente in Svezia per creare questa lucida disamina della nostra condizione di teleutenti, ovvero qualcuno che non si è abituato all’indignazione ingollata goccia a goccia fino a narcotizzarsi. Da fuori si vede meglio. O peggio, fate voi.

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