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Videocracy. Basta apparire

Regia di Erik Gandini vedi scheda film

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La recensione su Videocracy. Basta apparire

di chinaski
8 stelle

L’orrore è nei volti, nei corpi di plastica, nei gesti codificati. L’orrore è nei sogni distrutti, nell’incapacità di immaginare. Questo è l’effetto più devastante di anni e anni di nichilismo catodico, nel quale sono stati annebbiati cervelli e disintegrati neuroni e sinapsi, fino alla conclusione più grottesca di tutte. Il presidente della televisione che diventa il presidente del consiglio.

Videocracy si immerge nel berlusconismo, nella sua matrice visiva, il flusso di immagini come espansione delle visioni del presidente, la sua personale allucinazione su come potrebbe essere un mondo migliore. Colori, tette e culi, suoni, benessere e ricchezza. La trasformazione della realtà in una dimensione controllata e chiusa, una perenne messinscena in cui ricostruire la vita all’interno di uno studio, tra sorrisi e pubblicità, consumo e spettacolo.

Adottando lo stesso linguaggio della televisione, la sua velocità, la sua schizofrenia il regista utilizza il cinema solo come luogo altro dallo schermo televisivo. La sala buia non è la stanza di casa. La visione viene condivisa con altre persone, non nella solitudine del proprio rapporto con la tv. Il cinema ridiventa spazio pubblico, dove arrabbiarsi, in cui indignarsi. Le immagini sono le stesse che sono apparse centinaia di volte sul piccolo schermo. Sono immagini che mettono paura, una volta che penetrano nel buio della sala, una volta staccate dal flusso a cui appartengono. Immagini che snervano gli occhi per la loro banalità, per il nulla di cui sono composte. E su questo perpetuo inganno è stata costruita la società del nostro futuro. Per disinnescare questo ordigno mentale ci vorranno anni. Per eliminare l’assuefazione ci vorranno anni. Gandini ci invita a continuare a tenere gli occhi aperti, a riflettere sull’orrore contemporaneo che ha le sembianze di Lele Mora e Fabrizio Corona. Sua la battuta più bella di tutto il documentario – “Sono un Robin Hood moderno, rubo agli altri per dare a me stesso”. Questo il senso ultimo del nostro misero vivere sociale. 

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