Regia di Stefano Calvagna vedi scheda film
Essere obiettivi su un fenomeno che fa parte della propria vita fino al midollo. Ci prova il regista romano Stefano Calvagna, quindici anni in curva tra gli “Irriducibili” della Lazio. Ancora oggi, ci tiene a far sapere, si considera un Ultrà, per questo desideroso di realizzare un film sull’argomento. Perciò scrive, dirige e interpreta come protagonista la storia di Luca, irriducibile (appunto) di una squadra senza volto che un giorno fuori dallo stadio invece di una spranga tira fuori un coltello e ammazza un ragazzino. Fugge sul Lago di Garda, invece di finire in galera. Ed è vero che si contorce tra sensi di colpa e desiderio di redenzione. Ma il pericolo c’è, perché non ce la fa proprio Calvagna a non immergerlo dentro una membrana di eroismo, a trasformarlo in vittima, a celebrare l’essenza delle tifoserie. E intanto scorre un film diretto con precisione (l’undicesimo del regista), montato con ritmo, ma improbabile come il ritrovamento di un ago nel solito pagliaio. Shevchenko che ti redime nel bagno di un ristorante di Torri del Benaco è di per sé un’utopia, ma imbattersi e innamorarsi (per caso) proprio della madre del ragazzo ucciso è troppo persino per una favola. Innaturale e fiera.
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