Regia di Brandon Camp vedi scheda film
Non si tratta solo di essere stufi di vedere l’eterna fidanzatina d’America Jennifer Aniston prodursi in smorfiette, esibire acconciature perfette ed essere graziosamente stramba (qui è una fiorista con una passione del tutto incongruente per le parole inusitate, che scrive a pennarello sui muri). Non si tratta nemmeno di vedere Aaron Eckhart, il cui bel faccione sembra fatto apposta per mettere in scena un certo tipo di cultura americana votata all’ipocrisia (vedi Thank You for Smoking), completamente scialacquato in un ruolo scritto malissimo: un guru dal sorriso killer che tiene seminari sull’elaborazione del lutto, ma appena può affoga la sua nient’affatto elaborata vedovanza in un bicchiere di vodka. E non si tratta neppure di sopportare 109 minuti di schermaglie, dialoghi banali e banali scorci di Seattle by Night prima del Bacio. Ciò che non si può e non si deve sopportare è il contesto melenso in cui si muove un personaggio che, di fatto, lucra sul dolore altrui; una volta confessato il suo segreto, rischia pure di guadagnarci di più. Un mostro figlio del Sogno americano che i Coen avrebbero elevato a feroce antieroe, qua spacciato per tenero eroe romantico: non sottovalutate la subdola pericolosità del buonismo.
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