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Qualcosa di speciale

Regia di Brandon Camp vedi scheda film

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La recensione su Qualcosa di speciale

di Stuntman Miglio
4 stelle

"Love happens" recita il titolo originale. Banale sì ma mai come il "Qualcosa di speciale" che ci viene propinato per la versione italiana. Già così i presupposti non sono invitanti ed effettivamente il film del poco interessante Brandon Camp non è un granché. Un drammetto romantico piuttosto convenzionale che a mio avviso prende più di qualche spunto dal recente "Tra le nuvole" di Jason Reitman, sia nel delineare le caratteristiche del suo protagonista che nel mettere in scena alcune sequenze in cui quest'ultimo interagisce con il suo pubblico. Già, perché Ryan Burke è una sorta di guru che gira per gli States tenendo seminari sull'elaborazione del lutto e della perdita dopo aver scritto un best seller autobiografico che parlava appunto della tragica e prematura scomparsa della giovane moglie. Burke ci è passato e si è ripreso, ha reagito, si è rialzato o così vuole far credere a tutti quelli che lo circondano ma la realtà è che quello che fa per il prossimo, su di sé, non ha alcun effetto. Burke mente su tutto e a tutti, specula (in)volontariamente sul dolore altrui ma allo stesso tempo cova un dramma che lo divora dall'interno. Egli non trova pace sino a quando non arriva a Seattle dove conosce un possibile nuovo amore. Sceneggiatura priva di mordente per un film che affronta argomenti delicati in modo piuttosto semplicistico e retorico. Camp pare infatti più a suo agio nei passaggi da commedia romantica dove Eckhart può fare il suo dovere senza prendersi troppo sul serio. Cosa, quest'ultima, che gli riesce piuttosto male soprattutto nei frequenti momenti in cui il regista si abbandona a scen(at)e plateali e corali in cui punta tutto sul facile shock emotivo (ad esempio il confronto con Walter che invece ha perso il figlio). Prevedibile in ogni sua svolta, buonista nelle conclusioni, "Qualcosa di speciale" funziona poco e male, liquida con un paio di battute due spalle interessanti come Judy Greer e Dan Fogler, relega Martin Sheen in un finale a dir poco stucchevole ed in più vuole farci credere che la seconda occasione è sempre dietro l'angolo. E magari ha le fattezze di Jennifer Aniston. Per cortesia.

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