Regia di Santiago Loza vedi scheda film
Il cinema argentino, da noi poco considerato, è, invece, fra i più interessanti del panorama sudamericano: moltissimi registi giovani e interessanti e sguardi, generalmente, diversi e originali, fatta la tara alle grandi tragedie nazionali, come le dittature e il crack economico degli anni zero. Loza, classe 1971, è il tipico regista da festival, dove pure questo "La invención de la carne", titolo splendido e significativo, è transitato: a Locarno, nel 2009, dove fu in lizza per il premio maggiore. Loza racconta due solitudini, profondissime e in apparenza inavvicinabili: lui, un giovane medico ostetrico ancora alle prime armi, sofferente di attacchi di panico e dei conseguenti problemi a relazionarsi, lei, impossibilitata ad avere figli, che si vende al primo che capita, quasi come un'autoflagellazione. Nasce una strana e misteriosa relazione muta fra i due, chiusa in un viaggio improvvisato, lungo le traiettorie di un'Argentina rurale, dove ognuno, a suo modo, cercherà di venire a capo delle proprie debolezze e fragilità. In realtà, il film di Loza è molto più complesso e si regge su poche certezze e ha tutta la sua forza nel fascino indiscutibile delle immagini, nella forza dei simboli, (i muri scrostati, l'acqua, i corpi scandagliati fin nelle pieghe più nascoste, le vene, i letti fatti e sfatti, il sesso e il sudore), e gli ottanta minuti risultano, a tratti, piuttosto faticosi. Solo il finale si apre a un qualche tipo di luce, di possibilità, s'intravede un'intesa fra la vita e i suoi personaggi. Quello che resta, però, è materia calda e in movimento, che se nell'immediato può risultare fin troppo confusa, sono sicuro che col tempo troverà la sua collocazione ideale. Difficile, ma coraggioso e di una bellezza rara.
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