Espandi menu
cerca
Tron Legacy

Regia di Joseph Kosinski vedi scheda film

Recensioni

L'autore

ROTOTOM

ROTOTOM

Iscritto dal 15 ottobre 2004 Vai al suo profilo
  • Seguaci 117
  • Post 22
  • Recensioni 560
  • Playlist 311
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Tron Legacy

di ROTOTOM
6 stelle

Quando il primo Tron uscì nel 1982 era appena nato il Commodore 64, la parola computer veniva ancora pronunciata sputacchiando, eravamo diventati a sorpresa campioni del mondo di calcio e un piccolo alieno che telefonava a  casa schiantava in un mare di lacrime e retorica film della potenza di Blade Runner  e La cosa.

Tron rivoluzionò il cinema di fantascienza ma nessuno se ne accorse. Non lo vide nessuno e quelli che lo videro non lo capirono. Mai un film prima di allora era stato costruito con la stessa materia incorporea oggetto della storia. Il cyberpunk sarebbe sorto a breve e il piccolo coraggioso film prodotto dalla Disney fu il primo a cercare di mostrare un viaggio modale interno, in uno spazio cibernetico parallelo al nostro. Tentava di dare forma al digitale con tecnologie analogiche. Quello che ne risultò fu la rappresentazione techno-pop della fantasia che alimentava la visione di un futuro che fino ad allora contemplava come massimo azzardo le  automobili volanti. Invece  siamo ancora qui a piegare il bancomat ai voleri dei derivati del petrolio.

Ventotto anni dopo il vecchio Kevin Flynn (Jeff Bridges) rimasto intrappolato nella rete e inquilino di una abitazione feng shui dall’architettura kubrickiana, rimpiange in una assoluta calma zen i bei momenti di tanti cicli (cicli?) fa quanto il cyberspazio era una “terra libera” , di fronte allo sbigottito figlio giunto nello spazio virtuale per riportarlo indietro. Sembra di assistere al più classico dei rimpianti, quando si torna dopo tanti anni al paesello natio: una volta qui era tutta campagna. Ora invece la rete è un posto oscuro, dominato da un despota con manie di onnipotenza che ha assoggettato tutti i programmi per costruire un esercito (…yahwn..) in grado di invadere anche il mondo reale. Il despota è Clu, la copia digitale di Jeff Bridges ringiovanito digitalmente (wow!) che non si sa per quale motivo si è ribellato al suo creatore. La trama intreccia interessi di multinazionali ad uno strano sentimento new age, utopie di rete libera, un accenno pudico ad un conflitto tra padre e figlio, creature senzienti – le Iso - nate dal puro calcolo che acquistano vita propria e che promettono di rivoluzionare il mondo conosciuto. Il tutto masticato da un’estetica fashion altamente seduttiva, una narrazione molto convenzionale – anzi a volte un po’ noiosa- ultracitazionista  e auroreferenziale nei confronti del piccolo cult di 28 anni fa. Un già visto al cubo, mostrato con tutti i crismi della tecnologia moderna che stordisce con effetti speciali mascherando i difetti di un film fatto di strutture di marketing estreme e un 3D  ancora una volta e non ci stancheremo mai di ripeterlo, assolutamente inutile benché si sia cercato di utilizzare le tre dimensioni in maniera espressiva. Il 3D sancisce lo scarto tra la realtà – piatta – e il mondo “alieno” del cyberspazio ma dopo due minuti di tutto questo ci si scorda. L’impianto visivo è un pesante ammodernamento della scenografia minimalista del primo Tron in cui la percezione visiva veniva dirottata da una prospettiva astratta di stampo futurista verso punti di fuga sconosciuti. Qui superfici lucide e riflettenti aspirano più al design  che ad una concezione plastica dello spazio. Se in Tron la scarnificata desolazione del mondo virtuale era tangibile, in Tron: Legacy 3D il “vuoto” è in realtà ben connotato   dallo stile  che richiama in modo subliminale ciò che nella realtà è sinonimo di moderno, tecnologicamente avanzato, esclusivo.   

Quindi se il primo Tron aveva cambiato i parametri della fantascienza senza che nessuno l’avesse visto, questo seguito, Tron: Legacy 3D lo vedranno tutti ma di fatto non sposta di una virgola l’immaginario del cinema del fantastico. E’ il trucco dei blockbuster che esibiscono impianti visivi all’avanguardia poggiati su strutture narrative classiche, prive di qualsiasi asperità e quindi rassicuranti. A prova di flop.

Il Tron del 1982 causa di fatto uno strano cortocircuito emotivo nel pubblico contemporaneo, provocando una melanconia indotta dalla produzione del suo seguito per cui sono immensamente di più quelli che rimpiangono il primo film rispetto a quelli che realmente l’hanno visto.  Tron ha fatto il miracolo di entrare nell’immaginario collettivo in maniera assolutamente virtuale, un cyber ricordo indotto dalla consuetudine a rivalutare il  passato nei confronti di un presente, il nuovo Tron : legacy 3D in questo caso, portatore di tutta quella tecnologia che quotidianamente ci assilla, imprigiona, confonde e ci utilizza facendoci credere di essere utilizzatori. E’ il ricordo degli anni ‘80 quando ancora ci si poteva permettere di essere ingenui e i film potevano essere rivoluzionari anche se imperfetti.  Così tutto  l’inizio del nuovo film è un omaggio al predecessore e un rinfresco della memoria degli spettatori immemori, l’impianto sul quale costruire il costoso baraccone. Un film medio quindi, prevedibile e fondamentalmente inutile del quale si ricordano un paio di scenografie, e  -  unica cosa realmente imperdibile -  la strepitosa colonna sonora del gruppo francese  Daft Punk che scandisce l’incedere della storia con un misto di musica elettronica e classica, accordandosi perfettamente alle ambientazioni oscure dell’universo virtuale. L’intero film sembra girato a tempo di musica, il regista lo sconosciuto Joseph Kosinski già direttore di spot e videoclip musicali, sembra addirittura scandire le scene e le azioni degli attori sul ritmo musicale. Questa compattezza visivo- sonora giova tantissimo al film, anzi, lo salva senza mezze misure poiché senza le emozioni indotte dallo score musicale Tron: Legacy 3D non arriverebbe certo alla sufficienza. Un’altra menzione va a Jeff Bridges che man mano che invecchia acquista carisma e presenza, e Olivia Wilde, nel film la creatura Iso di nome Quorra. Un pezzo di figliola che fa passare in secondo piano il nome terribile che deve portarsi appresso.    

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati