Regia di Joe Dante vedi scheda film
Non aprite quella botola (o forse sarebbe il caso di farlo, finalmente).
Non mi ha deluso, di per sé e come film di Joe Dante. La paura c'è, gli effetti speciali sono per quanto basta o quando serve, le ambientazioni accurate e sinistre, le idee - sia visive che tematiche - non mancano e non sono banali. Nessuna voglia di stupire in modo fine a se stesso (finalmente!). E poi non ci sono sangue e violenza in forma compiaciuta, per sadici.
E' una specie di "Solaris" di stampo horror: mentre l'oceano del film di Tarkovskij riportava alla luce i rimorsi della coscienza, questo buco nero, invece, materializza le nostre paure, e "insiste" finché non smettiamo di fuggirle e le affrontiamo. La stessa idea del buco senza fondo credo sia una metafora efficace del nostro inconscio, della nostra anima, dove ci sono i traumi seppelliti, perché non vogliamo ricordarli. Non per questo, però, scompaiono, ma rimangono latenti, e in definitiva condizionano in qualche modo tutta la nostra esistenza.
Ho trovato efficace l'idea del pupazzo spaventoso che - bisogna dirlo - ricorda abbastanza da vicino i Gremlins. Molto riuscita infine la parte finale, con quella città e quell'appartamento da incubo, con gli angoli obliqui e distorti, e un'aria proprio sinistra. L'ispirazione deve essere venuta a Dante da "Il gabinetto del dottor Caligari", ma trovo che sia un modo riuscito di rappresentare in immagini ricordi molto dolorosi e spaventosi, dove anche gli ambienti sono deformati dalla sofferenza che caratterizzò quegli eventi.
Per il resto vediamo una famiglia americana per nulla edulcorata, con adolescenti non troppo simpatici, un papà che non c'è e forse è in galera, una mamma spaesata che soffre di solitudine e cerca di riempirla con un collega di lavoro. Anche il cibo non è troppo buono: a tavola si mangiano piatti squallidini di cibi precotti, oppure si ordinano le pizza a casa e si mangiano in piedi giusto per riempire la pancia. Altrimenti, c'è il solito hamburger in perfetto stile "junk food".
Dante appartiene a quella generazione di registi di hollywood, ormai vecchia, che avevano idee, fantasia, e qualcosa da dire, e non giravano film piatti e impersonali, che attirano al cinema, ma poi si dimenticano dopo un'ora. Insomma i film girati pensando solo ai gusti del pubblico e a nient'altro, oppure saturi di una violenza insostenibile (come molti horror dei registi giovani).
Unico difettuccio: forse andava sviluppato un po' meglio il personaggio del pazzo delle lampadine e il mistero del suo disegno. Comunque mi ha coinvolto e mi ha fatto riflettere.
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