Regia di Edward Dmytryk vedi scheda film
Questo tipico prodotto "made in USA", destinato al grande pubblico, nasconde, dietro il vessillo dell'antimilitarismo e del progresso democratico, una feroce propaganda antinipponica. La critica, apparentemente concentrata sulle politiche nazionaliste dell'imperatore, si estende, in realtà, in maniera impietosa, all'intera cultura del Sol Levante, che viene presentata come una tradizione anacronistica ed improntata alla disumanità. Sembra sussistere una naturale continuità tra le atrocità perpetrate dalle truppe di Seki Taro ai danni della popolazione cinese ed i drammatici risvolti della vita quotidiana giapponese: dalle torture inflitte ai detenuti, alle ragazze vendute dai loro stessi genitori ai tenutari delle case da tè. Il film, che si chiude su una retorica scena di harakiri, si risolve quindi in uno sgradevole ritratto del "nemico", inopportunamente contornato da un filoamericanismo burlone e falsamente autoironico.
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