Regia di Todd Solondz vedi scheda film
Impresa difficile quella in cui si è imbarcato Solondz, che ha pensato bene di realizzare il seguito di un suo riuscitissimo film di 10 anni prima (Happiness) cambiando tutti gli interpreti e generando così una sensazione di straniamento alla quale si fa fatica ad adattarsi. Diciamo subito che il cast al servizio di Solondz per questo sequel è nettamente inferiore al precedente. Là c'era P.S.Hoffmann, e già questo chiude la partita. In più mettiamoci la miglior L. Flynn Boyle di sempre, e un'indimenticabile Jane Adams, capace di dare naturalezza e spontaneità ad un personaggio fuori dal comune, e il confronto con lo spaesato equipaggio di "Life During Wartime" risulta impari...Inoltre, a Todd non sempre riesce il miracolo di gestire la latente componente grottesca e disarmante insita potenzialmente in ogni dialogo, in ogni situazione, cadendo più di una volta in sottolineature retoriche del tutto assenti in Happiness…E’ un problema tanto di script quanto di regia, che si palesa in una prima parte frammentaria, dove ogni sequenza accumula dubbi e misteri, per poi finire con soluzioni stiracchiate, da barzelletta di cattivo gusto o da striscia televisiva politically uncorrect…Per fortuna, nella seconda parte, il film torna a prendere quota, aumentando l’empatia coi personaggi e articolando la trama non tanto con faccende politiche un po’ pretestuose (il sionismo, la politica repubblicana, il terrorismo etc…), quanto con interrogativi filosofici messi in bocca ad un pre-adolescente più maturo degli adulti. Si deve perdonare e dimenticare? Si può perdonare senza dimenticare? O forse è più conveniente, per se stessi e per gli altri che hanno sofferto, semplicemente dimenticare? Piuttosto che perdonare, ma vivere nei ricordi più atroci, è meglio scordarsi di tutto…forse…anche perché è facile che il rimosso torni a galla, magari sottoforma di fantasma. A mano a mano che si giunge al finale (improvviso, apertissimo, tanto eloquente quanto inafferrabile) di questo ellittico, strano, diseguale film, il “perdona e dimentica” del titolo italiano (per una volta, azzeccato) diventa un tormentone, un incubo ricorrente che infesta la cattiva coscienza della middle class USA. Nonostante i difetti inevitabili di questo film, sono sempre più interessato a questo regista, a ciò che ha da dire, e conto di recuperare in breve i suoi invisibili film, a partire da Palindromi.
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