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Perdona e dimentica

Regia di Todd Solondz vedi scheda film

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La recensione su Perdona e dimentica

di pazuzu
6 stelle

Se non fosse per la scelta di rinnovare totalmente il cast, Life during wartime, più che un comune seguito, potrebbe considerarsi una sorta di secondo tempo di Happiness. Sono simili le scelte cromatiche di fotografia e sono frequenti i riferimenti a battute o situazioni, a partire dall'incipit: stessi titoli di testa con tanto di stesso tema musicale, e (quasi) stessa scena d'apertura, con Joy nello stesso ristorante a dare il benservito stavolta ad Allen, il molestatore telefonico (lì interpretato dal biondo e grassoccio Phillip Seymour Hoffman e qui dal nero e magro Michael Kenneth Williams) al quale la sorella Helen aveva promesso di presentarla e col quale, spinta dal proprio insopprimibile bisogno di sentirsi utile al prossimo, s'è addirittura sposata. Sono passati 10 anni dal pranzo che concludeva Happiness riunendo la famiglia Jordan e rendendo manifesta la solitudine di tutti i suoi membri, e le loro vite nel frattempo sono tutt'altro che migliorate. Solondz si sofferma su ciò che loro resta, ossia l'insostenibile pesantezza del senso di colpa. Ciascuno ha la sua, nessuno escluso, e la guerra cui fa riferimento il titolo è quella che ognuno conduce contro sé stesso: Joy non riesce a darsi pace per il suicidio di Andy, il suo ex, a tal punto da vederselo comparire di tanto in tanto e trovarsi a litigare col suo fantasma; Helen è sempre più schiacciata dal proprio successo; Trish ha nascosto ai 2 figli più piccoli la pedofilia del padre Bill, preferendo darlo per morto ma ingenerando reazioni a catena nella fragile psiche dell'ora tredicenne Timmy dal momento in cui viene a sapere la verità; e lo stesso Bill, uscito di galera, si mette alla ricerca del figlio maggiore Billy per assicurarsi che non sia diventato come lui. La forza di Happiness stava nei suoi personaggi e nel glaciale distacco con cui Solondz ne rappresentava il più o meno conscio lavoro di dissimulazione: le maschere di apparente normalità che essi mostravano ne nascondevano inadeguatezza e mostruosità, che emergevano invece a sprazzi in picchi di ineguagliabile cattiveria. Ma Life during wartime non è Happiness, e, pur essendo comunque un film discreto, non riesce a replicarne il delicato equilibrio tra la leggerezza del tocco e la pesantezza dei fatti esposti: le perversioni dei singoli personaggi sono ormai già ben note non solo a chi ha visto rivisto e amato quel film, ma anche ai personaggi stessi, che hanno smesso di fingere o sono in procinto di farlo e quindi manifestano apertamente le proprie pulsioni e costantemente la propria disperazione. Non c'è più (bisogno di) finzione e questo va a discapito della varietà di registri temi e situazioni. Ne viene fuori una pellicola più uniforme ma meno geniale, ugualmente ironica ma innegabilmente più pesante e impegnativa, che rischia di deludere gli spettatori preparati, ossia quelli che Happiness lo conoscono (magari a memoria), per l'approccio meno distaccato e più morboso del regista, e di lasciare con un pugno di mosche quelli impreparati che, non avendolo visto, non hanno gli strumenti per poter comprendere i mille rimandi. Sia chiaro, Solondz non ha intenzione di girare di nuovo lo stesso film: se lì ci presentava questi personaggi alla ricerca (vana) della felicità, qui ce li mostra rassegnati e consci del fatto che la felicità che cercavano in realtà non esiste; tuttavia il problema di Life during wartime, forse, è il fatto stesso che Happiness esiste già: perché è chiaro che il regista provi comunque a seguirne la scia, cercando costantemente di restare in bilico tra lo humor nerissimo e la depressione insita in personaggi talmente fallibili e umani da apparire mostruosi. Ma il gioco stavolta funziona solo in parte, e talvolta il grottesco rischia di essere sopraffatto dal patetico o di scadere nella caricatura.
Una nota a margine per la protervia con cui i titolisti italiani continuano a storpiare il senso delle opere provenienti da altri paesi: ammesso e non concesso che il titolo Perdona e dimentica in linea teorica potrebbe anche starci (pare che il titolo provvisorio del film fosse Forgiveness), chi gli dà il diritto di calpestare le scelte e la volontà dell'autore, per di più di fronte ad un titolo originale per nulla intraducibile?

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