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Mr. Nobody

Regia di Jaco Van Dormael vedi scheda film

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La recensione su Mr. Nobody

di deepsurfing
7 stelle

 

Mr Nobody è un fantasmagorico, complicatissimo super-puzzle fatto di tanti puzzle diversi in parte simili e in parte molto differenti: ci sono tessere di una docu-fiction ironica che ricordano Mon oncle d'Amerique di Resnais, con le teorie del caos e la fisica teorica al posto della socio-biologia; tessere di una commedia surreale alla Jeunet o alla Gondry; tessere di tre storie d'amore molto melodrammatiche; qualche tessera di film cerebrali come quelli di Nolan o paradossali come quelli di Charlie Kaufman; e infine tessere di un paio di film di fantascienza, in uno dei quali c'è un vecchio ultracentenario che sembra tirare le fila di tutto, raccontando le storie che compongono il puzzle. Dietro la maschera rugosissima (e un po' inquietante) di quel vecchio si nasconde infatti il protagonista: Nemo, ovvero Mr Nobody.

Ho detto “il”, perché noi spettatori, cavie di questo bizzarro esperimento di narrazione caotica, vediamo bene che i vari puzzle hanno in comune lo stesso attore (Jared Leto), il quale interpreta personaggi simili, trentenni, con lo stesso nome. Eppure i frammenti di storie che via via si compongono sono evidentemente diverse e incompatibili. Non solo: scopriamo subito, all'inizio del film, che nelle sue diverse vite questo Nemo muore di morte violenta e in vari modi. Chi è allora il vecchio ultracentenario? È lui il Grande Giocatore che compone il Grande Puzzle?

A rendere ancora più laboriosa la visione c'è il fatto che, dei diversi Nemo, non solo ci vengono mostrate varie fasi della vita (con attori differenti), ma anche momenti in cui i personaggi sembrano confondersi, le storie sovrapporsi o addirittura biforcarsi in direzioni contrastanti. In più ogni tanto succede che certe scene o intere sequenze si riavvolgano su stesse, invertendo il tempo per riportare quella linea di vita verso un'altra direzione (forse perché qualcuno di quei Nemo sta scrivendo una o più di queste storie?).

Anche se i nuclei narrativi principali sono identificabili, il guazzabuglio in cui sono immersi rimane misterioso fin verso la fine, quando il vecchissimo Nemo, ormai in punto di morte, ci rivela la chiave. E si scopre così che egli non è il Grande Giocatore - o meglio, “l'Architetto”, com'egli lo chiama -, che ora sta smontando il puzzle sotto i suoi occhi. Per non “spoilerare”, dirò soltanto che il deus ex machina (dietro il quale si nasconde ovviamente l'autore-regista belga Jaco Van Dormael) ha creato questo enorme groviglio di invenzioni visive e narrative perché si era trovato di fronte a una situazione che negli scacchi si chiama Zugzwang, cioè: qualunque mossa tu faccia, perdi.

Ci sono fondamentalmente due modi per guardare questo film: abbandonarsi al caos e godersi il vertiginoso intrecciarsi delle storie, soprattutto i frammenti romantici, che sono i più intensi e ben individuabili nel caotico puzzle; oppure cercare di capire come funziona il gioco, farsi stuzzicare dalla sfida di scoprire la logica del Grande Giocatore. Chi tende al primo probabilmente sarà infastidito dal caos di un gioco troppo complicato e cerebrale. E chi tende al secondo si troverà spiazzato, perché le regole del Grande Giocatore non sono affatto rigorose come potrebbero far pensare i numerosi riferimenti scientifici (l'entropia, la teoria del caos, la teoria delle dimensioni aggrovigliate). Niente a che fare con film pur contorti e cerebrali come Memento o Inception di Nolan, dovealla nascosta coerenza logica si aggiungeva una struttura drammatica unitaria e adrenalinica.

Comunque, il vero difetto del film, secondo me, è la bulimia immaginifica e il virtuosismo. Van Dormael si dimostra un pantagruelico divoratore di immagini e un abilissimo giocoliere, che riesce a ipnotizzare lo spettatore tenendo in moto tanti oggetti diversi e sorprendenti. Ma alla fine l'ipertrofia e il gioco d'abilità prevalgano sul senso profondo dell'opera, che credo sia questo: l'amore e la nostalgia, le gioie e i dolori, insomma la ricchezza e la bellezza della vita dipendono dal nostro essere mortali. Il nostro tempo non è quello indifferente dell'entropia, ma è fatto di scelte che, pur riducendo sempre più i rami delle possibilità, fanno proprio ciò che siamo. In un mondo di cloni che non invecchiano e non muoiono, la vita perde tutto il suo senso.

Ma cosa rimane di questo, dopo l'abbuffata vertiginosa di Mr Nobody?

 

 

 

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