Regia di Jessica Hausner vedi scheda film
Se un film viene premiato da una giuria di cattolici e da una di atei, i casi possibili sono tre: o è un’opera di sottile ambiguità, o pecca di cerchiobottismo, o una delle due giurie ha preso una cantonata colossale. Devo ammettere di non saper dire quale delle tre alternative sia quella giusta. Certo, c’è la satira sugli orrori del turismo religioso e sulla fauna umana che lo pratica (la mercificazione della fede, la burocrazia del miracolo, l’untuoso paternalismo di facciata contrapposto alla meschinità sostanziale), ma non calca la mano e può essere vista sia come una critica a certi eccessi (lettura religiosa) sia come un’obiezione radicale (lettura atea). Oltretutto la messa in scena è volutamente spenta, adatta a una fiction devozionale, e ciò contribuisce a confondere le idee. Il nodo non si scioglie nemmeno con quel finale di suprema ambiguità, perché non sappiamo cosa succederà dopo: Christine è davvero guarita? o il suo è stato solo un miglioramento momentaneo? Nel secondo caso, sono di nuovo giustificate due diverse interpretazioni: o la volontà di Dio è imperscrutabile, e dobbiamo rassegnarci alla nostra sorte qualunque essa sia (lettura religiosa), oppure Dio non esiste e, se al limite esiste, si prende gioco capricciosamente di noi (lettura atea).
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