Regia di Giuseppe Capotondi vedi scheda film
Curioso e coraggioso esordio di Giuseppe Capotondi, La doppia ora è sostanzialmente diviso in tre parti: nella prima, intrigante, sembra di essere di fronte alla nascita di una storia d'amore tra due personaggi soli e misteriosi; la seconda, in cui la pellicola volge repentinamente verso il giallo, è avvolgente e ricca di colpi di scena spesso spiazzanti che uniscono un pezzo per volta i vari tasselli del puzzle. Il difetto del film sta però nella scelta più sorprendente, ossia quella di collocare la svolta decisiva, la soluzione del mistero, a mezzora dalla fine del film. La parte che resta vede quindi un nuovo cambio di registro, o meglio una brusca involuzione: niente più colpi di teatro e niente più tensione, ma solo una progressiva e quasi superflua presa di coscienza dello stato delle cose, fino al finale, divenuto per forza di cose prevedibile. Ed è un vero peccato perché tutta la prima ora aveva fatto ben sperare, sorretta dalle ottime interpretazioni dei due protagonisti (davvero brava la Rappoport) e dalla regia sicura di un esordiente che per un'ora dimostra di avere dei numeri (notevole la scena della vasca). Ma che cade proprio sul più bello, schiacciato dal peso della propria ambizione: perché a furia di giocare con i continui passaggi dal thriller al mélo finisce per generare, nella parte finale, un corto circuito che uccide prematuramente mistero e tensione, e porta inesorabilmente lo spettatore all'assuefazione se non addirittura al disinteresse. Poteva essere un gran film, ma è solo un discreto giallo con un finale banale. Peccato.
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